MILANO – Il quotidiano britannico Guardian e il suo sito hanno pubblicato un lungo articolo dedicati ai segreti di Nespresso, alla storia della capsula più famosa e il presente dal marchio ora assediato da una grande concorrenza ma sempre in testa al gruppo. Vi proponiamo i passaggi salienti dell’interessante articolo.
E’ il 1975 la data in cui il settore del caffè subisce una svolta epocale: quando Eric Favre, giovane ingegnere impiegato nella Nestlé svizzera, ha visitato Roma, scoprendo l’espresso italiano. Durante le sue passeggiate al centro della capitale infatti, Favre è stato colpito dalle lunghe code che si formavano fuori da un bar vicino al Pantheon, il Caffè Sant’Eustachio.
E da lì la domanda principe: cosa rende speciale questi spazi? La risposta arrivava dalla preparazione della tazzina, che il barista era in grado di sviluppare grazie alle macchine per espresso a leva.
Un momento in cui, fumettisticamente, andrebbe disegnato con l’accensione di una lampadina: Eureka. L’anno dopo, il 1976, Nestlé ha sviluppato il suo primo sistema di single serve.
Raggiungendo l’obiettivo che si era posto l’ingegnere: la qualità di un espresso come al bar, replicabile facilmente a casa. Marco Restelli, il capo per Nespresso di prodotto e sviluppo, racconta: “Favre è uno di quei personaggi che spiccano nella storia e compiono grandi cose. Non è Einstein, ma il suo apporto resterà con noi per tanto tempo in avanti”. Attualmente, circa 14 miliardi di capsule Nespresso sono vendute ogni anno, sia attraverso gli e-commerce che all’interno delle 810 boutique aperte in 84 Paesi.
Nespresso: una storia che ha cambiato il volto dell’espresso
Questo è l’inizio di un percorso aziendale nato da una brillante quanto semplice intuizione: il caffè monodose, rapido da preparare e con la cremina come al bar. Nespresso, in poco tempo, è diventato un business colossale a livello mondiale.
Favre insieme al suo gruppo di lavoro, si è concentrata sul realizzare tecnicamente il nuovo sistema (più compatto di una macchina per il bar, che non necessitasse particolari competenze per l’utilizzo).
Dall’altra parte, c’è stata un’altra figura chiave nell’esplosione di Nespresso: Galliard, un business man che ha tagliato i prezzi di queste attrezzature, affidandone la licenza a terze parti.
La prima macchina per uso domestico portava la firma unica di Turmix (più in là si sono aggiunte anche Krupps e De’Longhi). Queste associazioni con altri marchi, hanno dato più forza a Nespresso nei mercati locali, incoraggiando negozi come Harrods a venderle nei suoi punti vendita.
Con Gaillard, il marketing Nespresso ha raggiunto i consumatori uno ad uno, trasformando il brand non tanto come un’azienda che fa business, ma come un nuovo modo di vivere. Se bevi Nespresso, se compri Nespresso, fai parte di un club esclusivo.
Dopo trentanni in cui si è registrato un vero e proprio boom del marchio, le altre aziende si sono fatte avanti con proposte più economiche. L’età dell’oro sembra ormai esser conclusa.
Sono ormai parecchi anni che Nespresso inserisce i propri dati di vendite e ricavi all’interno dei rapporti generali di Nestlé, la multinazionale che ne detiene la proprietà, così da nasconderli a una più immediata lettura il suo andamento.
La sostenibilità non è a favore delle capsule
Altro topic che l’azienda ha dovuto affrontare sempre di più di recente, riguarda l’impatto del materiale con cui sono prodotte le capsule sull’ambiente. Le critiche su questo punto continuano a crescere, dando filo da torcere al prestigio di un brand che l’autore di “The World Atlas of Coffee, James Hoffman, ha definito come “una compagnia che è una scatola nera”.
Nespresso “perde la faccia”: George Clooney non è più sugli schermi
Un altro indice della nuova fase calante del marchio è subito visibile dall’assenza (graduale e ora assolutamente evidente) di uno dei primi volti Nespresso: il testimonial George Clooney, dall’essere prima il corpo dell’azienda e poi la voce, con tutto il suo charme, ha lasciato spazio ultimamente a coltivatori e cittadini.
Per leggere l’articolo completo in inglese pubblicato sul Guardian, cliccate al seguente link.