MILANO – La storia che lega gli italiani al caffè è lunga e trova radici profonde nel tessuto della cultura del Bel Paese. Una bevanda che fa parte di un rito sociale a tal punto, da esser candidato per il riconoscimento di bene immateriale all’Unesco. Quanto sappiamo del lungo percorso che ha portato l’espresso ad esser uno dei simboli del made in Italy? Leggiamo dettagli dal sito chivassoggi.it.
Cultura e caffè: un legame di anni
Bere una tazzina di caffè in Italia significa avere in mano una tradizione straordinaria e, soprattutto, il percorso di tantissime aziende di successo (tra i nomi in questione, è possibile citare Caffè Pasqualini). Questa potenza ha delle radici che affondano nella storia. Per rendersene conto basta ricordare che Venezia, la Serenissima e la città che più di altre ha reso grande il nord Italia nei secoli scorsi, già alla fine del ‘500 era un punto di riferimento internazionale nel commercio del caffè.
Alla fine del secolo successivo, la città lagunare ha visto l’apertura della prima bottega dedicata alla commercializzazione dei preziosissimi chicchi. Attorno ai ‘primi passi’ del caffè in Italia ruotano diversi aneddoti. Uno dei più interessanti riguarda Papa Clemente VIII, al secolo Ippolito Aldobrandini, pontefice vissuto tra il 1536 e il 1605.
Questo Papa è passato alla storia per il fatto di aver promulgato delle leggi relative al tabacco e al caffè. Il pontefice condannò alla scomunica chiunque fosse stato scoperto a fumare nei luoghi sacri. Diverso il suo approccio relativo al caffè. Secondo la tradizione, il Papa definì la bevanda proveniente dal nuovo mondo come qualcosa di troppo buono per essere lasciato bere ai miscredenti, decidendo così di impartirle una benedizione.
Da allora, il caffè cominciò piano piano a diffondersi in tutto il territorio italiano. Il suo consumo divenne progressivamente associato a momenti di relax e di scambio di punti di vista culturali. A tal proposito, è utile citare i caffè, luoghi frequentati da intellettuali e fucine di innovazioni filosofiche e politiche di grande importanza. Per rendersene conto, basta ricordare che, proprio nell’ambito dei caffè letterali, è nato l’Illuminismo, una corrente che è considerata la base della scienza moderna. Quando si discute di questo argomento, è necessario ricordare che la più famosa rivista illuminista italiana si chiamava proprio Il Caffè.
Cultura del caffè: il contributo dell’Italia alle macchine per l’espresso
Quando si parla del rapporto degli italiani con il caffè, è necessario ricordare anche il contributo del nostro Paese alla realizzazione di alcune delle ‘antenate’ delle macchine che trovano posto nelle nostre case. In questo novero è possibile citare il caso di Luigi Bezzera.
Il nome di questo ingegnere milanese è stato consegnato alla storia nel 1901
In quell’anno, Bezzera ha brevettato un processo di trattamento del caffè a dir poco innovativo per i tempi. Di cosa stiamo parlando? Della prima macchina per la produzione del caffè espresso. Come già detto, si è trattato di una vera e propria innovazione per l’epoca. Per rendersene conto, è il caso di rammentare che l’invenzione di Bezzera, che dalla sua intuizione ha creato un’azienda di successo ancora oggi, è stata esposta tra le attrazioni dell’Esposizione Universale di Parigi nel 1906.
Dal primo anno del secolo breve le cose sono molto cambiate per quanto riguarda la lavorazione del caffè
Da citare a tal proposito è il nome di Achille Gaggia, ossia l’inventore del processo di estrazione a pressione. Grazie ad esso, è possibile ottenere un caffè decisamente più aromatico. Molto importanti sono anche le caratteristiche della crema, che risulta piacevolmente densa e compatta.
Concludiamo con un cenno al genio di Giò Ponti, la cui creatività ha dato vita alla Pavoni, la prima macchina del caffè dotata di caldaia orizzontale.