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venerdì 22 Novembre 2024
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Bere caffè in gravidanza non nuoce allo sviluppo psicomotorio del bambino

Lo studio non ha rilevato effetti significativi associati al consumo di caffeina in termini di sviluppo motorio, sviluppo psicologico, disturbi dell’attenzione; iperattività e livelli di socializzazione dei bambini, misurati dopo la nascita a 6 e 18 mesi, ed a 3, 5 ed 8 anni di età. Modeste alterazioni dello sviluppo (iperattività e ritardo motorio), rilevate a 18 mesi, non si sono confermate ai controlli successivi

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MILANO – Si è tanto parlato della gravidanza e dei possibili effetti negativi della caffeina rispetto a una donna in questo stato: a quanto pare, un ulteriore studio scientifico norvegese, avrebbe dimostrato che non si tratta di una sostanza nociva per lo sviluppo psicomotorio del bambino in formazione. Leggiamo la notizia completa da nutrition-foundation.it.

Gravidanza: la caffeina non è così nociva

I possibili effetti non favorevoli della caffeina assunta in gravidanza sullo sviluppo del feto, e successivamente del bambino, sono stati oggetto di numerosi studi. Alcune osservazioni, in passato, avevano suggerito un possibile effetto della caffeina nell’aumentare il rischio di aborto, e più in generale nel ridurre la durata della gravidanza, con possibili effetti negativi sul completamento dello sviluppo del feto.

Gli ormoni tipici della gravidanza, i progestinici, inducono tuttavia spesso nausea e vomito, o intolleranza a certi odori

E quindi tendono spesso a limitare il consumo spontaneo di caffè: è pertanto possibile che un elevato consumo di caffè possa limitarsi a segnalare indirettamente un assetto ormonale non ottimale (una bassa produzione endogena di progestinici) rappresentando quindi soltanto un indicatore, e non una causa, della ridotta durata della gestazione e dell’aumentato rischio di aborto.

La caffeina, d’altra parte, viene eliminata con minore efficienza durante la gravidanza, supera la placenta e può accumularsi nel cervello del feto. Ed è quindi importante conoscerne gli effetti a breve e lungo termine sulla salute del nascituro.

In questo studio norvegese, condotto in una coorte molto ampia (oltre 50.000 coppie mamma-bambino), per verificare i possibili effetti della caffeina sullo sviluppo neuropsicologico del bambino, si è innanzitutto osservato che la maggior parte delle donne aveva ridotto in maniera rilevante il consumo di caffeina durante la gravidanza, specie durante il secondo trimestre.

Il livello medio di consumo era infatti di 56 mg/die (meno di una tazzina di caffè)

Solo il 7% delle donne della coorte assumeva più di 200 mg al giorno di caffeina (la dose massima raccomandata da alcuni organismi internazionali). La caffeina complessiva derivava per il 56% circa dal caffè, per il 22% dal tè, per il 15% dai soft drink, e per il 7% residuo dal cioccolato.

Lo studio non ha rilevato effetti significativi associati al consumo di caffeina in termini di sviluppo motorio, sviluppo psicologico, disturbi dell’attenzione; iperattività e livelli di socializzazione dei bambini, misurati dopo la nascita a 6 e 18 mesi, ed a 3, 5 ed 8 anni di età. Modeste alterazioni dello sviluppo (iperattività e ritardo motorio), rilevate a 18 mesi, non si sono confermate ai controlli successivi.

Nel complesso, gli autori concludono che sembra potersi escludere che, almeno nell’ambito dei livelli di consumo considerati accettabili (fino a 200 mg/die, pari a circa 2-3 tazzine di caffè), la caffeina possa svolgere effetti sfavorevoli sullo sviluppo neuro-comportamentale del feto e poi del bambino, almeno fino a otto anni di età.

Va tuttavia tenuto conto di tutte le possibili fonti di caffeina, inclusi il cioccolato ed i soft-drinks. Il numero delle donne con un consumo elevato di caffeina (oltre 300 mg die) era troppo ridotto per poter valutare in maniera affidabile potenziali effetti sfavorevoli di questi livelli di assunzione.

Maternal caffeine intake during pregnancy and child neurodevelopment up to eight years of age-Results from the Norwegian Mother, Father and Child Cohort Study

Purpose: Current knowledge of the effect of prenatal caffeine exposure on the child’s neurodevelopment is contradictory. The current study aimed to study whether caffeine intake during pregnancy was associated with impaired child neurodevelopment up to 8 years of age.
Method: A total of 64,189 full term pregnancies from the Norwegian Mother, Father and Child Cohort Study were included. A validated food-frequency questionnaire administered at gestational week 22 was used to obtain information on maternal caffeine intake from different sources. To assess child neurodevelopment (behaviour, temperament, motor development, language difficulties) validated scales were used to identify difficulties within each domain at 6, 18, 36 months as well as 5 and 8 years of age. Adjusted logistic regression models and mixed linear models were used to evaluate neurodevelopmental problems associated with maternal caffeine intake.
Results: Prenatal caffeine exposure was not associated with a persistently increased risk for behaviour, temperament, motor or language problems in children born at full-term. Results were consistent throughout all follow-ups and for different sources of caffeine intake. There was a minor trend towards an association between consumption of caffeinated soft drinks and high activity level, but this association was not driven by caffeine.
Conclusion: Low to moderate caffeine consumption during pregnancy was not associated with any persistent adverse effects concerning the child’s neurodevelopment up to 8 years of age. However, a few previous studies indicate an association between high caffeine consumption and negative neurodevelopment outcomes.

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