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domenica 24 Novembre 2024
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Pasticceria Giolitti, Roma: anche questa storica attività vive tanti problemi

Nella storica pasticceria si consumavano, in media, 10 chili di caffè al giorno. “Oggi siamo a circa 3 chili”, spiega il barman Danilo Rossi, 49 anni, da 20 dietro al bancone della pasticceria romana. Le cose sono drasticamente cambiate

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ROMA – Le attività, persino quelle storiche come lo è la pasticceria Giolitti di Roma, sono state duramente colpite dal virus. Tra chiusura forzata e una riapertura problematica, i costi sono piuttosto elevati da sostenere, con l’incertezza di poter continuare ad alzare la serranda. Leggiamo la notizia di Luciana Matarese per huffingtonpost.it.

Pasticceria Giolitti: la ripartenza è in salita

“Per le cose in più non c’è spazio, i soldi sono diventati troppo pochi”, sospira Nicoletta Franciosi. Cinquantadue anni, da trenta lavora da “Giolitti”, la pasticceria gelateria storica nel cuore di Roma. Da marzo, come milioni di italiani, è in cassa integrazione e come milioni di italiani, anche se da quando il lockdown è finito è tornata al suo posto nel laboratorio di via degli Uffici del Vicario, non può più permettersi “le cose in più”.

Una pizza al ristorante ogni tanto il sabato sera, un vestito nuovo, la festa per il compleanno della figlia, che tra qualche giorno compirà quindici anni, “ma quest’anno non si festeggia, non possiamo”.

Niente buffet, dunque, niente brindisi

Niente puntata in pizzeria neanche quell’unica volta al mese in cui si andava, di vacanze quest’estate manco a parlarne ed ecco che la crisi incrocia altri settori, colpisce altre vite, in una corsa all’impoverimento del Paese ogni giorno più veloce.

Effetto del Covid, con l’emergenza sanitaria diventata emergenza economica, le diseguaglianze sociali ancora più evidenti, le filiere del sistema – dall’industria all’alta moda, dall’agroalimentare alla ristorazione, per citare le più strategiche – contaminate e strozzate.

Il crollo del fatturato, le convenzioni interrotte

Con Nicoletta entriamo nella pasticceria Giolitti, alle spalle del Senato a un passo dalla Camera. All’esterno, i tavolini sotto l’insegna bianca e verde contornata d’oro sono vuoti, come quelli all’interno che luccicano nella luce dei lampadari a goccia in “completo stile liberty”, recita la presentazione dal sito.

Squilla il telefono, arriva una comanda. “È dal Senato”, quasi grida una ragazza dietro al bancone. Con la riapertura dei Palazzi anche i politici, che sin dai tempi di Pietro Nenni e Giuseppe Saragat hanno frequentato quella che non a caso è stata definita “istituzione tra le istituzioni”, sono tornati a Roma.

E nella pasticceria Giolitti per il caffè, il gelato, una pasta di quelle di cui, si racconta, era ghiotto Giulio Andreotti. I clienti sono ancora pochi

“Pochissimi rispetto al pre Covid e all’anno scorso di questi tempi”, dice Giovanna Giolitti, insieme alla mamma Silvana di 92 anni, al fratello e alla sorella titolare dell’attività nella quale oggi lavorano anche i loro figli. Una storia di quattro generazioni, due guerre mondiali e mai un evento “spaventoso e preoccupante come questo”. Il Covid19 che ha imposto lo stop e fatto crollare il fatturato per lo meno del 65%. L’attività ha altri due punti a Roma: una sede del catering – “ora completamente ferma” – e un altro negozio, gestito in società, all’Eur.

Qualche giorno fa, racconta Giovanna, nella sede storica sono entrati i primi turisti stranieri, otto tedeschi. “Li abbiamo accolti con un applauso, in altri tempi si sarebbero confusi con la folla, adesso spiccano”, sorride amara la titolare. Convinta, come molti esercenti specie al centro della città, che “il vero miglioramento si vedrà col ritorno del turismo internazionale”.

Prima della pandemia – ecco un’altra ricaduta sulla filiera – la pasticceria Giolitti aveva delle convenzioni per fornire dolci e gelati ad alberghi, bed&breakfast e ristoranti. Per ora interrotte, come i flussi turistici, con tutto quel che ne consegue in termini di commesse e occupazione specie per il settore alberghiero.

Il più colpito dalla crisi scatenata dal Covid, con una perdita secca che il presidente di Federalberghi Roma, Giuseppe Roscioli, ha stimato potrebbe superare il miliardo e avere ripercussioni gravissime sull’impiego. Per il periodo compreso tra marzo e settembre, non ci fosse stata la pandemia, come gli altri anni Giovanna avrebbe reclutato altri 8-10 lavoratori stagionali. Resteranno a casa.

I dipendenti, tra cassa integrazione e nuove ristrettezze

Per il momento, i contraccolpi più duri sono stati ammortizzati con la cassa integrazione, ma quando questa finirà? Se lo chiede Giovanna, sperando di non dover arrivare a licenziare nessuno dei suoi dipendenti e se lo chiedono i 35 lavoratori di “Giolitti” che in questo momento sono tornati in servizio, ma a rotazione. Nicoletta in famiglia è l’unica a lavorare.

“Mio marito è in pensione, mia figlia ha 15 anni, mio figlio 20 ed è disoccupato – spiega – mi occupo anche dei miei genitori, entrambi anziani”. La cassa integrazione di marzo e aprile ancora non è arrivata “e anche fare la spesa per mangiare è diventato più difficile”.

Da due mesi e a questa parte si risparmia su tutto e il più possibile. Figurarsi se si può pensare di fare una festa di compleanno – “dovrò spiegarlo alla ragazzina, spero capisca”, ripete Nicoletta – o andare al ristorante sia pure per una sola sera. È impensabile anche per José Pesantes, di origini ecuadoriane ma ormai cittadino italiano. Trentacinque anni, da sedici lavora nel laboratorio di “Giolitti” e ora è preoccupato perché, non avendo ancora ricevuto la cassa integrazione dei mesi in cui per il lockdown la pasticceria era chiusa, ha due affitti arretrati e non ha potuto inviare niente alla mamma che vive in Ecuador. Purtroppo potrà inviarle poco o niente anche in futuro “perché prima dovrò pagare questi debiti che si sono accumulati.

L’ho spiegato al proprietario di casa, che è in cassa integrazione anche lui”. José non è sposato, non ha figli, ma la crisi pesa pure sui bilanci dei single. E si rinuncia anche uscire a bere una birra con gli amici. Con effetti a catena sulla ripartenza di bar e ristoranti, le cui difficoltà sono state certificate in una recente indagine Fipe Confcommercio di Roma, dalla quale è emerso che il bilancio di questa prima fase di riavvio dell’attività è negativo per l’88,7% delle imprese intervistate con una quota di ricavi che non arriva neppure ad un quinto di quanto realizzato nello stesso periodo di un anno fa.

I fornitori, il calo delle commesse

A fare i conti con le ricadute della crisi, dei mancati consumi e dunque dei mancati incassi dei titolari sono anche i fornitori. Nella pasticceria Giolitti si consumavano, in media, 10 chili di caffè al giorno. “Oggi siamo a circa 3 chili”, spiega il barman Danilo Rossi, 49 anni, da 20 dietro al bancone della pasticceria romana. Vale lo stesso per il latte, per i cucchiaini da gelato, per le bustine di zucchero.

“Prima del Covid eravamo in grado di fare delle previsioni, adesso no”, ragiona la titolare. Ai fornitori si ordina molto meno. Franco Mondi, a capo dell’azienda che porta il suo cognome e che si occupa di importazione, torrefazione e distribuzione di caffè, lavora con i Giolitti da oltre trent’anni e fornisce il caffè anche ai “Mercato centrale” di Roma, Firenze e Torino.

“Per due mesi e mezzo non abbiamo tostato un chicco di caffè – spiega ad HuffPost – e dai primi di marzo il nostro fatturato è diminuito dell’85%”. Anche i suoi 12 dipendenti sono in cassa integrazione, per ora solo quattro sono tornati al lavoro e a rotazione. Per lui “fino a quando non si ridurrà lo smart working e si riporteranno le persone dentro gli uffici, sempre rispettando le disposizioni anti Covid, di ripresa non si potrà parlare”. Pure i fornitori devono stringere la cinghia. Come Nicoletta, anche per Franco si è ridotto “lo spazio per le cose in più”.

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