MILANO – Sono giorni frenetici quelli che stiamo vivendo. I giorni della “riapertura” per tante attività, non senza paure e preoccupazioni dopo mesi di pandemia. Un momento di rinascita anche per la comunità del rito del caffè espresso. Dai torrefattori ai consumatori, passando per i bar, tutti hanno visto una luce in fondo al tunnel. Anche se tra le difficoltà del caso, avere la possibilità di ripartire è stato un segnale di fiducia che ha permesso di muovere i primi passi dopo la sosta forzata.
La tanto agognata ripartenza era certamente tra i desideri di tutti, basta dare uno sguardo
ai numeri. Secondo una recente indagine della Fipe, Federazione italiana pubblici
esercizi, la stragrande maggioranza dei bar (circa il 93%) si è dichiarata pronta a riaprire
sin da subito con tutte le tutele del caso. Avendo già provveduto alla sanificazione dei
locali (94%) e a fornire tutti i dispositivi di sicurezza. Come guanti e mascherine, a tutti i
dipendenti.
Ripartenza e sicurezza: ingredienti segreti della Fase 2
Segnale inequivocabile del fatto che tutti mordevano il freno e non aspettavano altro che un ritorno alla normalità. Così come tutti gli amanti dell’espresso, che non appena hanno potuto, sono tornati ad assaporare un rito sociale che per troppo tempo è mancato generando nostalgia diffusa per quelle abitudini interrotte.
Dunque, il virus non è riuscito ad intaccare il rapporto che gli italiani hanno con il bar,
neanche in un momento in cui non è stato possibile viverne a pieno le caratteristiche di
socialità e condivisione. Secondo una ricerca commissionata dallo Iei (Istituto espresso
italiano) e condotta da YouGov, infatti, il bar rimane per il 25% del campione intervistato
l’occasione per passare tempo con gli amici e i colleghi (prima della crisi erano il 33%) e
per un altro 25% un momento di pace e relax (stessa percentuale prima dell’emergenza).
Un dato interessante sulla ripartenza
E’ quello secondo il quale i clienti sarebbero anche disposti a pagare un prezzo maggiore per il caffè al bar: il 72% si dichiara pronto a farlo in presenza di una maggiore sicurezza del luogo di consumo. Al primo posto tra gli accorgimenti più apprezzati l’igienizzazione continua dei tavoli (42% del campione intervistato) e la pulizia di stoviglie con prodotti particolari (29%).
“M’illumino d’espresso. Questo riferimento ungarettiano potrebbe essere il titolo per questo importante momento storico che passerà alla storia come quello delle “riaperture” e che per la stragrande maggioranza degli italiani ha coinciso con il ritorno a un “sacro” rituale pubblico: la consumazione del caffè espresso tradizionale al bancone o ai tavolini del bar – dichiara Massimo Cerulo, professore di Sociologia all’Università degli studi di Perugia e in Sorbona (Cerlis-Paris Descartes) – È da inizio settimana che assistiamo a un profluvio di immagini mediatiche che ci mostrano persone di tutte le età intente a riappropriarsi di quella pratica prettamente italiana: la degustazione dell’espresso, che racchiude in sé significati sociali fondamentali.
Molti di noi, ritornando a consumare il caffè al bar (già dal 4 maggio tramite l’asporto) ci siamo rassicurati e sentiti vivi. Rassicurati sul fatto che il mondo esterno fosse così come lo avevamo lasciato due mesi fa. Che le città, i quartieri, gli esercizi pubblici continuassero a trovarsi al “solito posto”, pronti ad accoglierci come sempre. Inoltre, attraverso la consumazione della bollente e rigenerante tazzina, ci siamo anche sentiti vivi: esisto, sono sopravvissuto, posso tornare a immergermi nella società.
Parafrasando Manuel Vazquez Montalban, dopo il primo espresso al bar abbiamo avuto
conferma che il cielo e la terra fossero lì dove li avevamo lasciati.”
Sottolinea Giorgio Caballini di Sassoferrato, presidente del Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale
“Riaprire i locali pubblici è un segnale di grande speranza per tutta la nostra comunità. Il valore culturale e sociale del rito del caffè espresso italiano tradizionale è inestimabile ed è sopravvissuto a una crisi senza precedenti proprio grazie al suo profondo radicamento nelle abitudini di tutti gli Italiani. Il mio pensiero, così come quello di tutto il Consorzio, va ai protagonisti che da sempre danno vita a questo magico rituale. È stato un momento molto difficile e le sfide che ci attendono saranno altrettanto ardue da superare, ma bisogna essere forti.
Tornare a sentire il profumo della tostatura per un torrefattore, riaccogliere i propri clienti per un barista, portare alle labbra la tazzina calda per un consumatore, sarà la leva per ripartire, più forti di prima. Questo è il nostro augurio e la nostra speranza!”.
Il Consorzio di tutela del caffè espresso italiano tradizionale nasce il 15 settembre 2014 a Treviso
Con l’obiettivo di promuovere, valorizzare e tutelare il caffè espresso italiano tradizionale presso gli operatori del settore e presso i consumatori. Possono entrare a far parte del Consorzio le imprese e gli enti del settore del caffè, quali torrefattori, produttori di caffè e di macchine per il caffè e di altre attrezzature inerenti alla produzione o erogazione del caffè che condividano lo scopo consortile ed abbiano la sede e la produzione in Italia.
Il Consorzio è composto da imprese del settore sparse nel territorio nazionale, e da alcuni enti che sostengono con convinzione questo progetto, tra gli altri il Gruppo italiano torrefattori (socio costituente) e la Federazione italiana pubblici esercizi. Dal 2015 ad oggi il Consorzio è impegnato anche nell’ottenimento della candidatura all’Unesco per il riconoscimento di Patrimonio immateriale dell’umanità del caffè espresso italiano tradizionale.
Per ulteriori informazioni www.espressoitalianotradizionale.it