MILANO – Ritorna l’appuntamento con gli esperti consulenti della nuova startup Bfarm: prima Andrej Godina sulla Specialty Arabica, poi Sandro Bonacchi sul mestiere dell’aromateller e adesso Massimo Barnabà, sulla R&S (Ricerca e Sviluppo) dell’industria del caffè. Questi professionisti condivideranno le loro analisi nell’arco di dodici articoli. Di seguito, la parola a Massimo Barnabà, laureato in ingegneria chimica, con oltre quindici anni di esperienza nell’industria del caffè.
Massimo Barnabà sulla Ricerca e Sviluppo
Invece di scrivere quanto sia importante la ricerca e sviluppo per le aziende che operano
nel settore del caffè, e in special modo per i torrefattori e per chi produce prodotti finiti,
voglio dare il mio personale punto di vista su quello che oggi può essere un modo di fare
Ricerca e Sviluppo.
Ho avuto la fortuna di aver visto dall’interno e di aver vissuto per oltre dieci anni la Ricerca e Sviluppo (poi diventata Ricerca e Innovazione) lavorando per illycaffè, e negli ultimi anni sono entrato in contatto con molte aziende di medie e piccole dimensioni, ciascuna con le proprie peculiarità ma accomunate dalla ricerca di soluzioni a problemi produttivi, ottimizzazioni di processo, sviluppo di nuovi prodotti, blend o packaging, solo per citarne alcuni.
E l’atteggiamento prevalente delle medie e piccole realtà italiane legate al caffè quando hanno una sfida è cercare di fare del proprio meglio mettendo in campo la propria
esperienza, talento, passione (oltre all’immancabile genio italico e confidando nella buona
sorte). Il tutto, rigorosamente e con orgoglio, fatto in casa, cioè con le proprie maestranze, perché nessuno conosce l’azienda meglio di chi ci lavora.
Spesso funziona, il problema viene risolto, o comunque superato: il nuovo prodotto fatto, il blend composto, la tostatura cambiata; il packaging approvato, la nuova torrefazione avviata; il più delle volte, tuttavia, ai problemi viene data una soluzione, non la migliore. E il peccato è che non c’è la consapevolezza di ciò perché manca il tempo per fermarsi, analizzare il problema; reperire informazioni su come risolverlo, se è già stato risolto da altri, e confrontarsi con esperti del settore.
Sono pochissime le aziende che possono fare questo genere di attività internamente,
perché l’evoluzione tecnologica raggiunta in ogni singolo anello della catena, dal chicco
alla tazzina, è talmente spinta da rendere estremamente oneroso coltivare tutte queste
competenze in casa.
E allora? La ricetta per Massimo Barnabà
E’ quella di ricercare al di fuori dell’azienda i partner che possono fornire la migliore soluzione ai problemi che vengono affrontati, mettendo al servizio dell’azienda le competenze specialistiche maturate nel proprio settore. Non vuol dire affidarsi ai guru, o seguire pedissequamente l’esperto di turno, ma operare un monitoraggio continuo dei settori che possono essere di mio interesse per selezionare i partner migliori (magari scoprendo che non sono gli attuali fornitori).
Talvolta un’analisi fatta da un soggetto esterno all’azienda permette di isolare delle criticità, o zone di debolezza (ad esempio nel processo produttivo): non perché l’esterno abbia la bacchetta magica, ma semplicemente perché non ha preconcetti o vincoli quando analizza e osserva.
Quali possono essere i partner da coinvolgere?
Ovviamente le aziende che lavorano in un determinato settore (dai macinini, alla selezione ottica dei chicchi ecc.), ma anche università, centri di ricerca, nonché altri soggetti che hanno gli stessi nostri problemi.
Cosa può fare un consulente per essere efficace in un quadro come quello delineato? Che
benefici può apportare? Oltre a un’analisi scevra da preconcetti, oggettiva, con un punto di vista esterno, il bagaglio più importante che un professionista può portare è la propria rete di contatti, di soluzioni già sperimentate, di esperti collaudati con i quali collaborare per raggiungere il traguardo.
Il punto non è avere la soluzione immediatamente a portata di mano ma sapere dove andare a ricercarla, dando luogo a collaborazioni tra aziende, con un continuo travaso di informazioni da una parte all’altra. Credo, quindi, che apertura, confronto, attenzione e ricerca della competenza siano le chiavi per creare, da parte delle aziende che operano nel settore del caffè, dal crudista al produttore di capsule a marchio terzi, passando per i torrefattori grandi e piccoli, ciascuno la propria Ricerca e Sviluppo.
Bfarm è una startup neonata che si occupa di consulenze nel mondo del caffè dal verde alla valutazione dell’espresso, comprendendo quindi tutta la filiera. L’obiettivo è quello di sviluppare nuovi modelli di business nel mondo del caffè, innovativi ed etici. Per informazioni www.bfarm.it | info@bfarm.it
Per contattarlo: massimo@bfarm.it