MILANO – Mentre Grom taglia le gelaterie in Italia e si prepara a un drastico cambio di strategia che privilegerà i corner all’interno dei supermercati, Venchi rilancia e annuncia 14 nuove aperture, di cui 10 all’estero. Come riferisce Affari Italiani, tre città italiane sono già state scelte, al pari delle location che ospiteranno gli store Venchi. Considerando che in media, per ogni negozio occorre un investimento di 500mila euro, gli investimenti di Venchi nelle nuove gelaterie ammontano già a 7,5 milioni di Euro.
Prorità diverse, strategie diverse. La settimana scorsa, la multinazionale anglo-olandese Unilever, che nel 2015 aveva rivelato il marchio Grom, ha confermato la chiusura di 4 gelaterie avvenuta a fine 2019. E ne ha annunciate altre 3 per il primo trimestre di questo anno.
A sugellare il cambio di strategia di Unilever, la nomina di Sara Panza a general manager di Grom. Mentre i due fondatori del marchio Guido Martinetti e Federico Grom, che sono rimasti all’interno dell’azienda dopo l’incorporazione, diventeranno rispettivamente supervisore della ricerca e sviluppo e advisor per il retail.
Prima di occuparsi di Grom Sara Panza era già stata la brand manager di tre marchi storici dei gelati di Unilever: Magnum, Carte d’Or e Algida.
Anche Venchi non disdegna la grande distribuzione, ma solo per i cioccolatini
I gelati no, si possono comprare solo nelle gelaterie. Oggi nel mondo Venchi possiede 125 punti vendita. Di questi, una cinquantina in Italia e gli altri sparsi da New York a Pechino. La decisione di scommettere sui punti vendita monomarca è stata presa una ventina di anni fa.
Oggi Venchi è arrivata a fatturare cento milioni di euro, di cui un terzo derivante dall’export. Nata come cioccolateria a Castelletto Stura, in provincia di Cuneo nel 1878, ormai deve ai gelati la metà dei suoi ricavi.
Per la sua espansione internazionale la società può contare sul supporto di grandi istituzioni bancarie. Della Sace e della Simest, per esempio, con le quali ha recentemente sottoscritto un’obbligazione da 5 milioni di euro (insieme alla Banca europea per gli investimenti); a supporto dei piani di crescita sui mercati europei.
Ma anche di Unicredit, che ha sottoscritto un minibond da 7 milioni sempre per sostenerne i piani di sviluppo.