MILANO – Al bar si svolge l’ultima parte della lunga filiera del caffè attraverso la trasformazione dei chicchi in espresso o in una delle numerose altre bevande, dalla moka al filtro, al cold brew. Il primo passaggio fondamentale avviene nel macinacaffè, al quale spetta il compito di frammentare i chicchi tostati per aumentare la superficie di caffè che entrerà in contatto con l’acqua durante l’estrazione.
Le sostanze aromatiche che si sono formate durante la tostatura sono infatti intrappolate in cavità; solo rompendole si possono liberare.
Questo compito spetta al macinacaffè che deve erogare nel portafiltro un macinato con la granulometria più indicata per le diverse estrazioni (fine per l’espresso, medio-fine per la moka, media per il filtro, grossa per la french press) e dalla dose costante.
A lungo il macinacaffè è rimasto una sorta di Cenerentola del bar
Trascurato dei baristi anche a causa del suo carattere di grande lavoratore che non ha tante pretese se non quella vedere sostituite periodicamente, in base all’uso, le macine.
Se fino a ieri le possibilità di scelta erano tra diversi diametri delle macine e tra piane o coniche, negli ultimi anni l’industria ha immesso sul mercato modelli sempre più ricercati e prestanti, che curano con particolare attenzione il taglio dei chicchi, la temperatura, permettono di regolare con estrema precisione le macine e la loro velocità di rotazione.
E la manutenzione?
Troppo spesso è trascurata a causa di credenze dure a morire (ricordiamo l’errore che si protrae tra generazioni secondo il quale la moka non si lava!) quali la convinzione che sia lo stesso chicco di caffè che, frantumandosi, pulisce le macine.
Globalmente, per lo più si ritiene che – pulito o sporco che sia – il macinacaffè non influenzi più che tanto la qualità in tazza. Quindi è sufficiente dare “ogni tanto” una pulita alla tramoggia (che molti definiscono campana), una spazzolata alle macine e al dosatore… tanto “lui” funziona.
Ma come?
Osserviamo in questa prima parte dedicata al macinacaffè il contenitore superiore, la tramoggia. È posizionata sopra la camera di macinatura e la sua forma conica o piramidale che si stringe verso il basso, ha lo scopo di raccogliere e dirigere i chicchi verso la camera di macinatura.
In essa si versano i chicchi della confezione di caffè, che lasciano l’atmosfera protetta dell’imballaggio che li ha protetti, entrando in contatto con l’aria ricca di ossigeno che subito innesca processi ossidativi che rilasciano aromi rancidi.
Se non si pulisce la tramoggia, dapprima si vede comparire in essa – dove la superficie è entrata in contatto con i chicchi – una patina iridescente, che col tempo diventa opaca fino a creare incrostazioni.
Sono i grassi che si trovano sui chicchi di caffè, che vengono rilasciati sulle superfici con cui entrano in contatto creando col tempo strati sempre più importanti, ma soprattutto maleodoranti.
Aprire una di queste tramogge significa venire investiti da un odore intenso di rancido e di muffa, che i chicchi che sostano in esse assorbiranno portandolo con sé fino alla tazzina o alla mug, dove il buon aroma di caffè sarà accompagnato da note decisamente sgradevoli.
Parla Gianfranco Carubelli, l’esperto di pulito
«Spesso i baristi incolpano di ciò il torrefattore – afferma Gianfranco Carubelli, Ceo responsabile qualità e sicurezza di pulyCAFF -. Prima di farlo dovrebbero chiedersi: qual è stata l’ultima volta in cui ho pulito il macinacaffè e la macchina espresso?
Se la risposta è un “non ricordo” o “la settimana scorsa”, l’accusa a terzi può rientrare: è colpa della mancata manutenzione, che a conti fatti dà tanti vantaggi, richiede poco tempo e un minimo impegno economico.
Abbiamo stimato il costo della manutenzione della macchina espresso e del macinacaffè in poco più di un euro al giorno.»
La pulizia della tramoggia è un’operazione quanto mai semplice e rapida. Se durante le ore di punta manca il tempo, una volta che il locale si svuota, è sufficiente attendere che si esaurisca il caffè contenuto. Oppure sfilarla dal corpo della macchina, svuotarla e pulirla.
Per il macinacaffè è sconsigliato il lavaggio con detergenti liquidi
Questo perché si possono bagnare i sensori posti sul fondo della tramoggia, compromettendo il funzionamento dell’apparecchiatura. C’è chi per asciugarla pone la campana sullo scaldatazze, ma così facendo surriscalda e rovina, opacizzandolo, il materiale di cui è costituita.
Se si vuole intervenire rapidamente e in modo sicuro, si può utilizzare un pulitore specifico come pulyGRIND Hopper, della linea Green di pulyCAFF. Una volta rimossi i residui solidi, si spruzza su un panno pulito. E si passa sulle superfici fino a quando risultano pulite e asciutte, senza bisogno di risciacquo.
Il prodotto, che è preparato con ingredienti naturali, è indicato anche per il trattamento di superfici inox e di attrezzature cromate, che pulisce e igienizza. È disponibile in un pratico flacone da 200 ml con nebulizzatore spray.
Di nuovo, è sconsigliata la pulizia in lavastoviglie è sconsigliata in quanto il policarbonato di cui è composta la tramoggia si riga facilmente. E ogni fessura è un “appiglio” sicuro per lo sporco.
Seguite le iniziative di Gianfranco Carubelli su Youtube e alla pagina Facebook PULYCAFF Enjoy Your Espresso