MILANO – Mentre il raccolto del Vietnam, complice il tempo secco e soleggiato della prima decade di novembre, procede a ritmo accelerato rispetto all’anno scorso (sarebbe stato già raccolto ben il 19% raccolto 2012/13 secondo un sondaggio Bloomberg), commercianti ed esportatori vietnamiti sono alle prese con l’annoso problema dell’accesso al credito e sperano per questo in ulteriori contributi e agevolazioni da parte dello stato.
Qualche rassicurazione è giunta in settimana da Nguyen Tien Dong, vice direttore generale di Agribank, la potente banca controllata dal governo di Hanoi, massimo istituto di credito del paese.
Dong si è impegnato a fare sì che si eroghi un’ulteriore tranche di 5mila miliardi di dong (circa 190 milioni di euro) di crediti a sostegno del settore caffeario.
L’obiettivo appare fattibile, anche perché il tasso di sofferenza delle aziende del comparto è relativamente basso rispetto a quello di altri settori.
Su tale somma, 3.500 miliardi verrebbero destinati alle aziende di lavorazione del caffè per l’export, mille miliardi andrebbero a finanziare progetti di investimento a medio-lungo termine, mentre il rimanente si utilizzerebbe a vantaggio del progetto di sviluppo delle produzioni sostenibili, promosso dall’associazione del caffè e del cacao (Vicofa).
Le compagnie vietnamite chiedono inoltre di poter continuare ad accedere al credito in valuta straniera, anche dopo la scadenza del 31 dicembre, data quest’ultima che segnerà la definitiva entrata in vigore di norme più restrittive in campo bancario.
Vicofa ha rivolto un appello in questo senso alla banca centrale del Vietnam.
Secondo Le Duc Thong, direttore di 2/9 Dak Lak Import-Export Company (2/9 sta per il 2 settembre, la data dell’indipendenza vietnamita, ndr.), azienda che ha esportato 130mila tonn di caffè nel 2011/12, la concessione di prestiti in dollari agli esportatori di caffè non comporta alcun rischio per le banche, dal momento che gli esportatori ricevono i loro pagamenti in valuta americana.
In compenso, ottenere prestiti a tassi più bassi (l’interesse su un prestito in dollari è del 7-8% contro un proibitivo tasso del 18-21% per i prestiti in dong) è vitale per la competitività delle aziende vietnamite, visto che i concorrenti stranieri ottengono finanziamenti dalle proprie banche a interessi inferiori al 4%.
“A queste condizioni, le imprese estere pagano soltanto 150 dong di interessi per un chilogrammo di caffè, contro 600 per quelle vietnamite” ha dichiarato ancora Thong aggiungendo che tale handicap spiega in buona parte le difficoltà incontrate dalle azienda locali.
Il re del caffè
Il Vietnam potrebbe guadagnare con le esportazioni di caffè sino a 20 miliardi di dollari all’anno (in luogo dei 3 miliardi attuali). Dando impulso in futuro alla produttività e creando maggiore valore aggiunto. Attraverso la trasformazione diretta della materia prima in prodotto finito.
Lo afferma in un’intervista concessa la scorsa settimana, l’uomo d’affari vietnamita Dang Le Nguyen Vu; presidente e ceo di Trung Nguyen, considerato il “re del caffè del Vietnam”.
Il gruppo Trung Nguyen nacque nel 1996 a Buon Ma Thuot, capitale della provincia del Dak Lak. Ora è un’importante realtà cui fanno capo 6 società operanti lungo l’intera filiera del caffè. Dalla produzione del verde alla somministrazione della bevanda.
È presente in una sessantina di paesi di tutto il mondo, compresi i principali mercati asiatici.
Nel portafoglio del gruppo marchi del calibro di G7 (caffè solubile), Passiona (decaffeinato); Weasel e Legendee (caffè di alta gamma). E c’è anche la catena di caffetterie Trung Nguyen, che conta in patria un migliaio di locali. Ed è inoltre operante nel resto del mercato asiatico, in nord America e in Europa.
Le ambiziose strategie di espansione del gruppo puntano a un forte incremento del volume di affari.
Obiettivo: superare entro il 2015 il miliardo di fatturato ed entrare in concorrenza con i massimi competitor globali, come Nescafé o Starbucks.
Il tutto sapendo che è la sfida di Davide contro Golia.
“Siamo come una cavalletta che affronta un elefante gigante – spiega Vu in un linguaggio colorito. In termini di tecnologia e marketing, Nestlé ha un vantaggio incolmabile. Per questo dobbiamo rimanere sempre svegli e concentrati”.
Un esempio?
La battaglia condotta per conquistare la supremazia nel mercato vietnamita del caffè solubile. Che ha opposto Trung Nguyen ad avversari del calibro di Nescafé e Vinacafe.
“In passato, il Vietnam era un paese chiuso. E questo fa sì che i consumatori siano ancora oggi propensi a privilegiare i marchi stranieri rispetto a quelli locali. Ciò ha richiesto da parte nostra un impegno ancora maggiore affinché il marchio G7 potesse affermarsi sulla concorrenza”.
Trung Nguyen guarda ora al mercato statunitense dove intende espandersi aggressivamente a partire dall’anno prossimo.
In prospettiva, il gruppo punta a conseguire sui mercati esteri il 70% del fatturato, contro il 30% attuale. Con un occhio di riguardo per la Cina, dove le sue vendite sono in fortissima espansione.
In Vietnam, dove il tè rimane la bevanda nazionale, Vu spera che i consumi pro capite possano raggiungere un giorno i 5 kg per abitante. Attualmente sono di 1 kg: attestandosi su livelli simili a quelli del Brasile.