MILANO – Tatawelo è il caffè messicano equosolidale che è coltivato da comunità immersi in un contesto di guerra. Chi è a capo del progetto produttivo, Dulce Cab e Valter Vassallo, racconta da dove nasce e come si svolge questa iniziativa. Riportiamo l’intervista dal sito cittadellaspezia.it. di da Emilio Bufano.
Tatawelo: la pianta del caffè nasce anche in tempi di guerra
Dai 1.500 euro di prenotazioni di quindici anni fa, all’inizio dell’avventura, ai 170mila del 2018: una crescita esponenziale, quella del commercio equosolidale del caffè messicano Tatawelo. Curato dall’omonima associazione e coltivato da comunità indigene zapatiste messicane, un tempo combattute dall’esercito, oggi avversate dal governo con una guerra ‘a bassa tensione’.
A raccontare quest’esperienza ieri al Quarto Piano di Sarzana sono stati Dulce Cab e Valter Vassallo. Timonieri del progetto
Un incontro promosso da Magazzini del Mondo, la storica realtà dell’equosolidale che in provincia ha un punto vendita alla Spezia e uno a Sarzana. “Siamo in contatto costante con le comunità che producono il caffè Tatawelo – ha spiegato Vassallo.
– e siamo loro portavoce al di fuori dei loro luoghi di vita e lavoro. È importante mantenere un rapporto vivo con i contadini. Quando andiamo in Messico ci confrontiamo con loro, mangiamo insieme, e vengono fuori spunti e idee. Anche parlando con quelli di loro che magari nemmeno masticano tanto bene lo spagnolo”.
Ma Tatawelo non è un caffé speciale solo per un discorso etico
È infatti anche un prodotto di qualità. “Con il sistema della prenotazione e del prefinanziamento – ha affermato Vassallo – facciamo in modo di importarne in Italia (dove viene torrefatto in una struttura piemontese, ndr) solo quello richiesto. Così il caffè consumato è esclusivamente quello colto l’anno precedente.
Mentre, come abbiamo visto facendo questo lavoro, spesso ci si imbatte in caffè stivato in porto anche per cinque o sei anni. Questo perché, a seconda di come va il mercato, non sempre conviene vendere. Poi quando viene il momento quel caffè vienne torrefatto e venduto, dopo anni passati in porto, magari avendo preso dell’umido. Pensate a della frutta secca lasciata in questo modo, così a lungo. Questa eventualità con Tatawelo è esclusa”. Totali garanzie anche sul decaffeinato. “ottenuto solo col processo acqua e vapore, senza acidi”.
Una parte delle entrate va alle comunità produttrici che le impiegano per varie necessità
Come magazzini, strade, macchinari, o ancora quei laboratori necessari per creare difese naturali dai parassiti, come predica il metodo agroecologico rigorosamente adottato, tutto consociazioni e lotta biologica. Grazie alla quota a loro destinata gli agricoltori messicani hanno altresì acquistato una torrefazione in modo da poter trasformare parte del prodotto raccolto.
“Anche se purtroppo in Messico l’ottimo caffé tradizionale oggi viene ritenuto da poveri. Al ristorante ti danno il solubile, il Nescafé”, ha spiegato Vassallo. Un vero paradosso.
Una curiosità su Tatawelo
“Le prenotazioni di caffè Tatawelo – hanno spiegato gli attivisti – sono cresciute molto nella zona di Napoli. Dove il caffè, al centro di una grande tradizione, viene preso molto sul serio. Per noi è motivo di grande soddisfazione”. Curiosità numero due: un grande alleato per selezionare le piante migliori e sceglierle per portare avanti la specie è il pipistrello. Ghiotto di ‘ciliegie’ di caffè, si serve sempre dalle fronde migliori e poi, andando in bagno, fa sì che nei pressi delle loro tane prendano vita ottimi esemplari che altro non aspettano che essere prelevati e messi a dimora nelle piantagioni.