MILANO – Sull’allarmante situazione che emerge da recenti statistiche Fipe relative al turn over nel settore bar pubblichiamo volentieri questo contributo di Alberto Trabatti tratto dal blog di Caffè Penazzi www.caffepenazzi.it .
Nel 2018 vi è stato un saldo negativo nelle aperture dei locali pubblici. Già negativo nel 2017, il trend continua.
Calo di aperture, sovrastato dalle chiusure, peraltro, sintetizzato dalla FIPE (Federazione Italiana Pubblici esercizi) in queste infografiche.
E il fenomeno è reso ancor più in dettaglio qui:
Lo scenario è sicuramente inquietante, visto così a caldo. Ma non credo ci si debba fermare ai dati tabellari. La mia esperienza di quindici anni di attività mi porta ad alcune considerazioni, che desidero condividere con voi. Escludiamo casi clamorosi e situazioni specifiche, altrimenti non se ne esce.
Cosa spinge le persone ad aprire un’attività? In una percentuale non elevatissima la passione, un sogno che si realizza, la percezione di soddisfare un bisogno non adeguatamente considerato almeno di una certa parte di pubblico, a livello locale, o nazionale, data la tipologia.
Purtroppo, come altri ancor più scafati di me hanno dichiarato, l’ultima spiaggia per chi non ha ulteriori sbocchi professionali. Magari un fallimento in altri settori, che li rende impossibili da ripercorrere senza disagi.
Senza anche voler pensare che tutto sia così, la vera problematica è l’improvvisazione.
Quanti, ancor oggi, sono convinti che basti aprire una serranda con sopra l’insegna, offrire paste infime ed espresso scadente – tanto la gente viene, beve, paga, e torna – oltre ad una pletora di sottoprodotti senz’anima e particolare qualità, magari reperiti al discount, a completamento dell’offerta?
Oppure, ancora, prodotti industriali di larghissima diffusione che molte attività attigue finiscono per scopiazzarsi, rendendo un gioco di distanze e simpatia del barista, o due quotidiani al posto di uno, per non parlare della barista graziosa o del wi-fi, la scelta del locale in cui passare il tempo della pausa mattutina dal lavoro, ed il pranzo o la merenda, e l’aperitivo.
Persone che hanno fatto sì e no il corso Sab aprono un’attività, senza formarsi adeguatamente prima!
Ancora, i modi spesso poco gradevoli nel rivolgersi alla clientela, o il non considerarli per un tempo indefinito ben oltre i 7 secondi, stabiliti come tetto massimo per salutare i nuovi entrati, e attivare un’intesa anche solo con lo sguardo.
Queste sono nozioni che dovrebbero essere la base per chi gestisce qualunque attività a contatto col pubblico. Bisogna poi affiancarle con la consapevolezza di distinguersi da chi ha un locale nei dintorni, magari aperto da molto più tempo. Scegliendo in ogni caso prodotti superiori e meno diffusi, preparandoli e comunicandone a dovere l’impiego.
Molti lavorano per “il prezzo migliore, più basso dei miei vicini”, quando non hanno capito che qualità reale e competenza pagano di più, anche se costano di più.
Dal momento che dalla gestione di un’attività deriva molto spesso la propria sopravvivenza economica, bisogna sempre, e ripeto sempre, mostrarsi al meglio ogni giorno che si apre la serranda. Avere clienti sembra, in Italia, un diritto acquisito, ma non è così, vanno conquistati.
Non è al vaglio del Governo la creazione del “cliente di cittadinanza” per l’imprenditore che ragiona con la mentalità da impiegato.
Alberto Trabatti