MILANO – Dopo Chiara Panichi, a completare la cornice al femminile che sostiene l’ultima generazione dell’azienda familiare Sister’Coffee, la sorella: la parola direttamente a Francesca Panichi.
Francesca Panichi: cos’è per lei il caffè?
“Il caffè per me è sicuramente un ricordo: è la mia infanzia, i primi aromi percepiti che si sprigionavano alle sette del mattino dalla cucina attraverso la tradizionale, vecchia moka.
Con il suo inconfondibile odore, era sempre presente sui vestiti di papà e dentro la nostra automobile. Poiché alle volte capitava che, in caso di emergenza, fosse papà stesso a consegnare qualche sacco.
Il caffè è quindi famiglia e tradizione che vengono portate avanti da generazioni.
Potrebbe descrivere il suo mestiere?
“Green Coffee Trader è il nome corretto. Per cui gestisco insieme alla mia famiglia un’azienda a Roma di importazione e commercializzazione di caffè verde. Prodotto che acquistiamo da tutti i maggiori Paesi produttori e che, una volta importato in Italia rivendiamo in quantitativi variabili in base alle necessità della clientela.
Abbiamo contatti con esportatori e produttori di nostra fiducia. Con i quali collaboriamo da anni e dai quali acquistiamo il caffè. Ci occupiamo quindi di seguire tutto il percorso che compie il container. Quindi dall’origine fino allo sbarco nei principali porti italiani (Napoli, Genova e Trieste). Infine, una volta verificata la conformità del tutto ci concentriamo sulla vendita del prodotto.
Abbiamo di recente anche allestito un laboratorio e sala corsi nel nostro ufficio dove organizziamo eventi per la formazione. E dove soprattutto continuiamo a formarci noi stesse con assaggi e test sui caffè.
Quando Francesca Panichi ha deciso che il caffè avrebbe potuto essere la sua strada professionale
“Ho seguito degli studi scientifici e mi sono laureata in architettura a Roma per pura passione e interesse personale. Ma, così come accennato precedentemente, sono nata in una famiglia di esperti di caffè in tutti i settori.
Dal mio bisnonno Aldo Ciravegna, tra i primi importatori italiani di caffè crudo, a mio nonno Alvaro Filippetti. Il quale aveva una torrefazione a Trastevere nel cuore di Roma, e poi a papà, Stefano Panichi, che nella sua attività lavorativa ha avuto modo di operare nei diversi settori della filiera.
Dall’acquisto e vendita del crudo alla produzione e rivendita di caffè tostato creando varie e nuove miscele nella propria torrefazione nei pressi di Roma. E’ quindi un mondo da sempre conosciuto per me; nel quale in verità mi sono dovuta re-inventare ed adattare al fine di trovare il giusto spazio all’interno dell’azienda.”
E’ stata solo una scelta lavorativa oppure di vita?
“E’ stata certamente una scelta di vita in primis e quindi lavorativa. Perché, il caffè verde ti coinvolge e ti cattura diventando non più solo un lavoro ma il tuo mondo.”
C’è stato un episodio particolare in cui ha pensato di non farcela e perché?
“Non c’è un episodio in particolare per il quale ho pensato di non farcela. Ma, sinceramente, non è stato per nulla facile catapultarsi in questo mondo provenendo da altri studi e ambiti. La difficoltà principale è stata sicuramente, nei primi tempi, il momento in cui ho cominciato a relazionarmi con i clienti di papà.
La maggioranza dei quali dei veri torrefattori “vecchio stile“ con i quali percepivo un po’ di diffidenza e poca convinzione nel dare credibilità a una giovane donna. Ad oggi, seppur sono passati pochi anni, sono sicura di aver in parte colmato questo gap generazionale attraverso la mia competenza e passione. E così di essermi guadagnata la fiducia e il rispetto delle persone, giovani o meno, con cui collaboriamo.”
Che cosa direbbe a quella se stessa del passato, in difficoltà?
“Sono ancora troppo giovane per potermi permettere di fermarmi e guardare indietro! Ma c’è una frase a cui sono molto legata da un po’ di anni e credo risponda al meglio a questa domanda..“Le paure sono tigri di carta”.
E invece, alle giovani donne che vogliono essere protagoniste nel settore del caffè?
“Alle giovani donne che vogliono intraprendere una qualsiasi attività lavorativa in questo settore direi di non fermarsi alle prima delusione o insuccesso. Di non “impaurirsi” o farsi suggestionare da questo mondo ancora prettamente maschile che a volte può mettere un po’ in soggezione. Questo perché, con la forte passione e la conoscenza, si riescono a raggiungere tutti gli obiettivi.”
Descriverebbe la sua giornata tipo?
“Difficile definire la mia giornata tipo. Essendo noi una piccola azienda a carattere familiare, vige la regola vige la regola: “ Tutti sono utili e nessuno è indispensabile”; quindi, nonostante in ufficio abbiamo diviso le competenze in base alle nostre attitudini e preferenze, tutti si occupano di tutto.
Per cui gestiamo l’iter amministrativo dall’imbarco nei Paesi d’origine all’arrivo della nave ai nostri vari depositi; dal ritiro ai magazzini del caffè alla consegna ai vari clienti, alla relativa fatturazione e incassi. Fino a testare, tostare e selezionare i caffè che è decisamente l’attività giornaliera che prediligo in assoluto fare.
Pensa che, all’interno del suo ambito professionale, sia stato più difficile come donna, affermarsi?
“Credo che, nonostante siano stati fatti passi importati negli ultimi decenni in tutti gli ambiti lavorativi verso l’uguaglianza dei sessi, ci siano ancora delle attività che per abitudine o inclinazione dividano chiaramente il ruolo dell’uomo e donna. Non è propriamente questo il caso ma di certo, fino a qualche anno fa, non era molto usuale vedere donne, o meglio, giovani ragazze acquistare, trattare con gli esportatori e interfacciarsi con i torrefattori per vendere il caffè.
Quello che posso dire con certezza, nonostante la mia giovane età e poca esperienza in questo mondo, è che solamente con la conoscenza, la dedizione e la passione, che ti spingono a voler fare e sapere sempre di più, si ottiene il rispetto e l’approvazione di qualsiasi interlocutore ci si trovi davanti.”
Come ha visto evolversi il settore del caffè nel suo ambito specifico professionale?
“In questi ultimi anni ci si è specializzati e qualificati sempre di più con i caffè speciali; vi è la ricerca continua di caffè particolari, micro-lotti e caffè definiti “specialty”. La cui tracciabilità, particolarità e conoscenza approfondita è la prerogativa fondamentale. Si fanno assaggi con il metodo cupping, in filtro e in espresso.
Seguendo dettagliatamente le regole della perfetta estrazione. (corretta temperatura, purezza dell’ acqua, accurata pulizia degli strumenti di lavoro). Nulla è più lasciato all’approssimazione e alla superficialità.”
Qual è il tocco femminile in più che Francesca Panichi aggiunge
“Riscontro sicuramente un tocco di femminilità nell’attenzione ai dettagli e ai particolari, nella cura del packaging e nell’empatia che le donne, avendo una sensibilità più spiccata, riescono a creare con il proprio interlocutore.”
di Simonetta Spissu