MILANO — Tramontata l’era dei cocktail analcolici tradizionali, a volte addirittura imbevibili, il beverage si direziona verso una maggiore qualità e verso una maggiore possibilità di scelta. Provando ad accontentare anche chi, non apprezzando l’alcol, ama comunque gusti più amaricanti o secchi.
Gli ingredienti? Ci sono i soft drink all’italiana: spuma, cedrata, chinotto, orzata, che infatti fanno anche da spalla in molti cocktail. Se di qualità sono prodotti che assicurano un sapore decisamente complesso, senza cadere nello zuccherino e nel noioso.
Ma sono sempre più utilizzati anche gli infusi, come spiega Miriam Barone sul sito “Agrodolce”. Tè e il caffè sono validi prodotti da utilizzare per cocktail analcolici. Lavazza, ad esempio, ha studiato un aperitivo a base soda e caffè espresso che, con l’aggiunta di una fetta di limone e delle bacche di ginepro, non ha nulla da invidiare ai drink più classici.
Gli analcolici storici
A spianare la strada fu, molti anni fa, lo Shirley Temple: ispirato alla famosa attrice di Hollywood, questo cocktail analcolico è composto da due parti di ginger ale, una di granatina e una di soda, e fu ideato dal Royal Havaien Hotel alle Hawaii.
Insieme al suo simile, il Roy Rogers, in cui sostituire il ginger ale con la Coca Cola e ispirato all’attore cowboy americano, ma anche il Fruit Punch, per un periodo erano spariti dai banconi e dai tavoli dei locali.
Salvo riapparire negli ultimi tempi sempre più frequentemente, per la gioia degli astemi e di chi deve guidare, e può prendere da bere senza rinunciare alla ricerca di gusto e a uno sfizio per la serata.