COURMAYEUR – La seconda giornata sotto il nome di Julius Meinl è partita al meglio, con la presentazione del Progetto “The Original” dell’azienda. In prima linea Christina Meinl, Responsabile innovazione Julius Meinl e Vice Presidente Sca, che ha introdotto il momento di degustazione gestito dal brand ambassador Jacopo Indelicato. Il quale ha potuto contare per la sua preparazione, tre single origin poi estratte con V60 e Aeropress. Le tre alternative che hanno scioccato i palati poco allenati dei partecipanti, sono stati un Kenya, un El Salvador e un Malawi.
Indelicato ha mostrato tutti i passaggi con chiarezza
Procedendo con cura non solo nei procedimenti manuali, ma soprattutto nel raccontare questi specialty a un pubblico di non esperti. Aiutandoli a identificare le principali caratteristiche di ciascuna bevanda, grazie anche a un segnalibro con diversi descrittori.
La partenza con il Kenya, poi El Salvador e infine Malawi
Il primo è stato un vero shock per chi per la prima volta ha partecipato a un momento degustativo di questo livello. Mentre le altre due soluzioni sono risultati più vicini ai gusti di tutti, più che altro in quanto ricordavano più tisane e tè.
La guida di Indelicato ha fatto la differenza nell’affrontare questo incontro con il mondo del chicco. L’ambassador ha infatti saputo spiegare bene come approcciarsi a queste bevande particolari rispetto all’espresso, avvicinando i partecipanti alla complessità della tazza. Finché, in chiusura, ha lasciato sperimentare dei volontari per replicare i gesti di preparazione da lui spiegati in precedenza.
Indelicato traghettatore nel mondo specialty
Abbiamo rivolto a questo professionista alcune domande per poter approfondire ulteriormente l’esperienza.
Quale delle tre proposte di monorigine che abbiamo degustato, secondo lei, può intercettare meglio il gusto italiano e quale lo può invece shockare?
“Posso pensare di procedere in due modi differenti. A seconda di cosa io ho intenzione di fare: ad esempio, se desiderassi andare in contro a quello che è il palato italiano, allora sceglierei di partire con l’El Salvador.
Viceversa, dovrei proporre prima il Kenya, che si allontana di tanto da quello che normalmente siamo abituati ad assaggiare.
L’El Salvador risulta una tazza più dolce, più corposa e equilibrata. Senza flavour che prevalgono nell’acidità. Ma invece ci ricorda la cioccolata e la nocciola. Quindi qualcosa che riconosciamo nella tazza d’espresso.
Mentre il Kenya spinge sui sentori citrici del caffè, come il limone. E a questo non siamo assolutamente allenati. Il problema purtroppo è data dalla tradizione italiana, tramandata dal tostatore in primis. Il quale, per risparmiare sull’acquisto del caffè verde, tosta quasi bruciandolo e così realizza delle tazzine tutte uguali.
Certo, quando noi mettiamo la carne sulla griglia e otteniamo quella strisciolina nera di bruciato, ci piace. Il tostato è nei nostri gusti, soprattutto quando lo risentiamo nell’espresso.
Se io ad esempio, rimanendo sulla linea degli Original, con i caffè tostati chiari in miscela, preparati in espresso, come il Red Door, avremo una tazza molto complessa da comprendere. Se viene spiegata com’è avvenuta oggi, può esser apprezzata. Il consumatore aspetta un espresso, perché è estratto allo stesso modo, ma presenta delle caratteristiche aromatiche in tazza di limone, di frutti rossi, di pompelmo e di arancia, che spiazza. O viene raccontato tutto questo, oppure perdiamo il cliente.”
In che cosa consiste il lavoro di brand ambassador per Julius Meinl
“Sicuramente far conoscere Julius Meinl in Italia. Perché in Austria è già molto celebre. Da noi dobbiamo ancora trovare più spazio. Iniziamo a esser più visibili nel Nord e stiamo cominciando anche a esser presenti nel Centro. Al Sud invece abbiamo ancora diversi spazi da conquistare, come l’Emilia Romagna. Ancora non vogliamo rivolgerci a questi clienti, perché ancora non siamo pronti a gestire questa clientela e supportarla.
La formazione poi è un altro punto importante, sia per il consumatore che per i gestori e gli operatori della macchina. Ciò che mi piace fare è soprattutto formare la forza vendita. Quindi ai nostri agenti e ai nostri area manager, perché sono i primi ad entrare in contatto con i nostri clienti. E devono diventare dei veri consulenti per i nostri punti vendita.
Ovviamente io sono sempre presente e il cliente ha il mio contatto in caso di bisogno. Ma io sono da solo per tutta l’Italia. Per questo è importante che la forza vendita sia pronta a diventare una vera e propria consulenza.”
Tornando al discorso del parallelismo tra vino e caffè
C’è sicuramente un fattore culturale in Italia: il caffè resta ancora la bevanda che si beve di corsa al bancone del bar. Il vino invece si degusta. Come fare per cambiare le cose?
“La tradizione non deve scomparire. Assolutamente non sono d’accordo con chi vuole eliminare il consumo rapido dell’espresso durante le pause. Ma mi piacerebbe anche poter andare in una pasticceria, magari durante il fine settimana e avere la possibilità di scelta tra diversi caffè ed estrazioni.
Tante volte in inverno entro in questi locali per bere un tè o una cioccolata. Mi chiedo perché non avere la stessa offerta ampia per i caffè. Quando viene spiegata la sua complessità, i consumatori sono i primi che apprezzano. Certo vanno accompagnati per andare oltre l’espresso.
Le due modalità di consumo possono procedere in parallelo.”
Qual è il suo metodo d’estrazione preferito e quale il caffè?
“E’ il Chemex, di cui ho anche un tatuaggio.
E il caffè preferito invece, dipende dal momento della giornata. Dev’essere però aromatico e profumato.”
di Simonetta Spissu