MILANO – Le problematiche connesse alla giusta remunerazione del produttore non riguardano soltanto le filiere dei prodotti tropicali. Ingiustizie e sperequazioni si osservano anche nel mercato interno del nostro paese. “Perché la questione del prezzo giusto da riconoscere al produttore è centrale per tutti. E serve un tavolo di contrattazione che riunisca tutti gli attori della filiera”.
Così Fairtrade Italia, che rappresenta il marchio di certificazione del commercio equo e solidale, interviene sulla crisi del latte in Sardegna. E sulla trattativa in corso. L’ultima proposta di accordo prevede un prezzo di 72 centesimi al litro, contro i 60 centesimi pagati oggi, per i prossimi tre mesi.
Un prezzo ancora lontano da quello chiesto dagli allevatori, pari a un euro al litro.
“I pastori che versano il latte in strada, che preferiscono buttare via il frutto del loro lavoro piuttosto di svenderlo ad un prezzo che non copre i costi di produzione, ci ricordano molto i piccoli produttori del Sud America che l’estate scorsa hanno dichiarato di non voler vendere il loro raccolto e di voler gettare i raccolti quando il prezzo del caffè in borsa è sceso sotto il dollaro alla libbra”, dice Giuseppe Di Francesco, presidente di Fairtrade Italia.
Un problema di portata globale
Che punta il dito sul problema cruciale del prezzo giusto da riconoscere ai produttori agricoli, un problema ormai di portata globale. “Sia per il caffè come per tutti i prodotti del settore agroalimentare, non si può continuare a ignorare che la questione centrale sta nel prezzo. È necessario determinare un prezzo giusto che remuneri i costi di produzione e garantisca a chi produce sostenibilità economica”.
Per Fairtrade serve un tavolo di contrattazione fra tutti gli attori della filiera, un modello che vale non solo per i paesi in via di sviluppo ma anche per gli agricoltori del “Nord del mondo”. “Come avviene nel sistema Fairtrade, è necessario riunire a uno stesso tavolo insieme i diversi portatori di interesse (rappresentanti dei produttori, dei trasformatori e della distribuzione) per individuare un prezzo equo che remuneri in modo giusto e sostenibile chi ci fornisce i frutti della terra”.
Fissare un prezzo minimo, al di sotto del quale l’azienda agricola non può sopravvivere e investire, è fondamentale anche a garanzia del consumatore. “Dietro un prezzo troppo basso, spesso si nascondono meccanismi di sfruttamento della manodopera o del produttore, come il caporalato – ricorda Fairtrade – Al di sotto di un prezzo equo per il produttore e il consumatore, può esserci poca attenzione alla qualità del prodotto”.