MILANO – Soffrire di patologie quali ipertensione, scompenso cardiaco, aritmie o altre malattie cardiovascolari e diabete non costituisce una controindicazione al consumo di caffè. Come spiega l’autorevole Nutrition Foundation of Italy in una monografia dedicata a caffè e salute, le ricerche di popolazione condotte nel mondo tra il 2010 e il 2016 1 sgombrano il campo da dubbi residui. A dosi moderate, 3-4 tazzine al giorno, il caffè filtrato si conferma non soltanto una bevanda sicura, ma anche positiva per la salute in senso globale.
Drastiche limitazioni, o esclusioni al consumo, non hanno quindi ragione d’essere, neppure per pazienti con malattie cardiovascolari o diabete.
L’unica vera cautela va riservata a un consumo irregolare, anche in quantità ridotte, da parte di soggetti ad alto rischio di infarto. L’assenza di abitudine all’assunzione è infatti un fattore di rischio in questo sottogruppo di popolazione.
Più oltre, la review sottolinea invece l’attenzione che operatori della salute e consumatori dovrebbero rivolgere a vulnerabilità sempre più diffuse, correlate all’eccesso di caffeina da eccessivo consumo di “energy drink” che, spesso associati o mescolati con alcol, aumentano il rischio di eventi fatali. Soprattutto nei soggetti con aritmie.
Controversie da chiarire
Il caffè è stato di recente promosso come bevanda dotata di ricadute favorevoli sulla salute, dal punto di vista oncologico 2, cardiovascolare 3, metabolico 4 e del rischio di mortalità per tutte le cause 5. L’assenza di effetti negativi a livello cardiovascolare e metabolico, per un consumo moderato, era stata però dimostrata su soggetti sani, senza segni e sintomi di malattia.
Questa nuova revisione dei dati non solo ribadisce quanto già noto per i soggetti sani, ma si focalizza sul rapporto tra consumo di caffè e salute di soggetti diabetici di tipo 2, o ipertesi, o con insufficienza cardiaca, o disturbi del ritmo, o ancora affetti da altre malattie cardiovascolari. Un aspetto non ancora completamente chiarito dall’analisi dei dati disponibili, a cui questa review fornisce risposta.
Ipertensione e malattie cardiovascolari
La review firmata da Steven Chrysant e pubblicata su Expert Review of Cardiovascular Therapy mette in luce la sostanziale neutralità del consumo abituale di caffè sulle fluttuazioni della pressione arteriosa nei soggetti ipertesi. Significa che la caffeina totale, dilazionata in 3-6 occasioni nell’arco della giornata, non ha alcun effetto.
Tra gli ipertesi non abituali consumatori di caffè era emerso, in un solo studio, un aumento transitorio (3 ore) della pressione dopo ingestione in acuto di 300 mg di caffeina, pari a 4 tazzine di moka o a 5 tazzine di espresso assunte in una sola occasione (vedi tabella per il contenuto di caffeina); tale aumento non si osservava, invece, tra i consumatori abituali. Altrettanto prevedibile la sinergia negativa, per il sistema cardiovascolare, esercitata dal consumo oltre i limiti citati se associato all’abitudine al fumo.
Troppo caffè sarebbe negativo anche per la pressione arteriosa maschile, ma non per quella femminile, specie nelle classi d’età più avanzata e in presenza di peso in eccesso.
Diverso il quadro per la malattia coronarica, le altre malattie cardiovascolari e la mortalità cardio e cerebrovascolare. Che non sono influenzate, o addirittura vengono ridotte, dal consumo di caffè, frazionato in 4-5 occasioni al giorno.
Identico risultato anche considerando l’incidenza (nuovi casi) di insufficienza cardiaca. Il consumo di caffè, con o senza caffeina, non ha inoltre dimostrato alcuna associazione con la progressione di calcificazione delle arterie, né con l’aumento dello spessore dell’intima-media carotidea (vale a dire dello spessore della parete arteriosa della carotide).
Il rapporto con aritmie e diabete di tipo 2
Chi pensa al caffè, lo associa subito al suo effetto tonico, mediato dalla caffeina, anche sul ritmo cardiaco. Proprio per questo, l’ipotesi di un’eventuale associazione tra caffeina e aritmie meritava di essere chiarita. Tra il 2010 e il 2016 sono stati pubblicati almeno sette studi condotti con metodologia rigorosa, che hanno chiarito come un consumo moderato di caffè (entro i 300 mg di caffeina frazionati nell’arco della giornata) non abbia ripercussioni negative sulla comparsa di aritmia in pazienti con scompenso, o in trattamento per aritmie di qualunque origine e possa anzi ridurre il rischio di ospedalizzazione.
Per quanto riguarda il rapporto tra consumo di caffè e rischio di sviluppo di diabete di tipo 2, o di peggioramento delle condizioni metaboliche, va detto che i risultati, univoci, erano tutti a favore del consumo di caffè, con o senza caffeina, già prima del 2010.
Le conferme alla correlazione inversa tra consumo di caffè e dismetabolismo glucidico, emerse tra l’altro dalle analisi di sottogruppi di donne e uomini, rispettivamente dai Nurses’ Health Study 1 e 2 e dallo Health Professionals Follow up Study, dimostrano che i mediatori di questo effetto protettivo sono i polifenoli del caffè: acidi clorogenici, chinidine, lignani, trigonelline.
Tutti migliorano la sensibilità all’insulina e inducono un aumento dell’adiponectina, ormone che riduce la resistenza all’insulina. Inoltre i polifenoli del caffè rallentano l’assorbimento degli zuccheri e aumentano il rilascio di GLP-1 (glucagon-like peptide-1), un altro ormone deputato al controllo del metabolismo glucidico e con effetto protettivo sulle cellule beta del pancreas.
Caffè con caffeina e caffè decaffeinato
La caffeina, a dosi moderate, non ha effetti negativi sul cuore. Infatti questo alcaloide, una volta raggiunte le piccole arterie renali, blocca un tipo di recettori (recettori A1 per l’adenosina) che, se stimolati, ridurrebbero il flusso di sangue renale e la filtrazione glomerulare, interferendo con il buon funzionamento di questi organi fondamentali. Ecco perché il caffè con caffeina migliora la diuresi e l’eliminazione del sodio, con un effetto positivo sui livelli pressori.
Da non dimenticare, inoltre, l’azione positiva esercitata dai polifenoli sull’elasticità dei vasi. Grazie al maggior rilascio e alla maggiore emivita dell’ossido nitrico, molecola ad azione vasodilatante. Sono invece decisamente meno numerose le evidenze sull’azione del caffè senza caffeina. È stato dimostrato che il caffè decaffeinato aumenta il calibro dei vasi indotto dal flusso ematico (FMD, Flow Mediated Dilation). Probabilmente perché il tenore di polifenoli, responsabili di questo effetto, non risente della decaffeinizzazione.
Consumo di caffè e demenze
A proposito del rapporto tra consumo di caffè e cognitività, ecco due aggiornamenti recenti. Il primo 7, pubblicato su Nutrition, ha analizzato i risultati di 11 ricerche, che hanno coinvolto 29.155 soggetti, uomini e donne. Concludendo che i forti consumatori di caffè, rispetto a chi lo consumava in modo sporadico, erano più protetti dal rischio di demenza di Alzheimer, con una riduzione fino al 27%.
Il secondo studio 8 ha confermato questi dati. Ma ampliando la prospettiva a tutte le principali forme di decadimento cognitivo, da quello più lieve, fino alla demenza tipo Alzheimer. Da nove studi, che hanno seguito 34.282 uomini e donne per un periodo variabile da 1 anno e 3 mesi a 28 anni, è emersa una tipica curva a “J” tra consumo di caffè e rischio di tutti i tipi di decadimento cognitivo. La protezione maggiore generale è emersa tra coloro che bevevano 1-2 tazze di caffè al giorno. Al disotto o oltre questa soglia la protezione gradualmente diminuiva.
Conclusioni
- I dati più recenti che emergono da reviews e studi prospettici pubblicati tra il 2010 e il 2016 confermano la sicurezza del consumo di caffè filtrato (con o senza caffeina) nei confronti dell’apparato cardiovascolare, anche nei soggetti che già soffrono di ipertensione, aritmie, scompenso.
- L’eventuale transitorio aumento della pressione e la riduzione temporanea della dilatazione arteriosa mediata dal flusso si evidenziano solo in chi non ha mai consumato (o consuma saltuariamente) il caffè.
- Altrettanto favorevole risulta l’effetto del consumo abituale di caffè (con o senza caffeina) sul metabolismo glucidico, con un effetto protettivo evidente nei confronti del rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
- Il livello di consumo più sicuro si attesta attorno a 3-4 tazze al giorno, che rappresentano peraltro la frequenza media di assunzione in tutti gli studi considerati.
- I risultati sfavorevoli al caffè (la seconda bevanda più consumata nel mondo, dopo l’acqua) di studi precedenti, vanno attribuiti o a ragioni metodologiche o al tipo di caffè consumato. Infatti il caffè preparato mediante bollitura (non con moka, espresso, o per filtrazione) estrae cafestolo e kaweolo, diterpeni che, per un consumo medio e costante, aumentano i livelli ematici di colesterolo, con ricadute negative sul rischio cardiovascolare.
- Il consumo di caffè non va quindi limitato, mentre bisogna scoraggiare i consumi eccessivi (comunque dannosi). Soprattutto se associati al fumo e le assunzioni di alte dosi, come quelle indotte dagli energy drink. Queste risultano ancor più rischiose se associate a bevande alcoliche, in particolare se chi li assume soffre di aritmie.
- L’assunzione di caffè va infine scoraggiata nei soggetti che, a fronte di un alto rischio di infarto miocardico, non sono consumatori abituali della bevanda.
Bibliografia
1 Chrysant SG. The impact of coffee consumption on blood pressure, cardiovascular disease anddiabetes mellitus. Expert Rev Cardiovasc Ther 2017;15:151-6.
2 Loomis D, Guyton KZ, Grosseet Y, et al. Carcinogenicity of drinking coffee, mate, and very hot beverages. Lancet Oncol 2016;17:877-8.
3 Ding M, Bhupathiraju SN, Satija A, et al. Longterm coffee consumption and risk of cardiovascular disease: a systematic review and a dose response meta-analysis of prospective cohort studies. Circulation. 2014;129:643-59.
4 Jiang X, Zhang D, Jiang W. Coffee and caffeine intake and incidence of type 2 diabetes mellitus: a meta-analysis of prospective studies. Eur J Nutr 2014;53:25-38.
5 Je Y, Giovannucci E. Coffee consumption and total mortality: a meta-analysis of twenty prospective cohort studies. Br J Nutr 2014;111:1162-73.
6 http://www.coffeeandhealth.org/topic-overview/ sources-of-caffeine-infographic/.
7 Liu QP, Wu YF, Cheng HY, et al. Habitual coffee consumption and risk of cognitive decline/dementia: A systematic review and meta-analysis of prospective cohort studies. Nutrition 2016;32:628-36.
8 Wu L, Sun D, He Y. Coffee intake and the incident risk of cognitive disorders: a dose-response meta-analysis of nine prospective cohort studies. Clin Nutr 2017;36:730-6.