MILANO — In merito a un recente intervento su queste colonne di Andrej Godina relativo all’uso della lingua inglese nella terminologia dell’analisi sensoriale, riceviamo e pubblichiamo questa precisazione di Alberto Polojac – titolare di Imperator S.r.l. e direttore della Bloom Coffee School di Trieste, nonché coautore dell’opera “Caffè verde in un libro” scritto a quattro mani con lo stesso Godina.
Credo siano necessarie alcune precisazioni rispetto a quanto riportato in un recente articolo dal collega e amico Andrej Godina con cui di recente ho condiviso la pubblicazione di un manuale sul caffè verde intitolato Caffè verde in un libro, tra poco disponibile anche nella verisone inglese.
L’articolo in questione (https://www.comunicaffe.it/ andrej-godina-meglio- conservare-linglese-per- definire-il-cupping-e-il- flavour/) poneva l’accento sulla necessità di usare la lingua inglese per definire alcune terminologie di assaggio.
In particolare si fa riferimento ai termini “cupping” e “flavour” dal momento che, sempre secondo quanto riportato dall’articolo, non esisterebbero termini adeguati e sufficientemente completi.
Il cupping
Nel primo caso posso essere d’accordo perché i termini usati per tradurre la pratica del cupping sono in molti casi fuorvianti o poco pratici. Si sente spesso usare infatti “assaggio alla brasiliana” come traduzione ricorrente. Questa forma di analisi è però molto diversa, dal momento che prevede altri parametri (la tostatura è molto più chiara, il numero di tazze usate sono 10 anziché 5 e la proporzione acqua – caffè è leggermente diversa) ed è utilizzata solo ed esclusivamente nella classificazione dei caffè brasiliani, per determinare se questi possano essere definiti Striclty soft e Fine Cup.
Altro termine diffuso è quello di “assaggio in infusione”, questa volta più corretto dal punto di vista della pratica, ma forse più scomodo nell’utilizzo quotidiano. In questo caso, il potere di sintesi della lingua inglese, fa sì che risulti più pratico utilizzare l’originale cupping. Utilizzare la sola parola “infusione” invece potrebbe risultare fuorviante, in quanto non così specifica o altrettanto esclusiva per l’assaggio del caffè. Il termine cupping quindi riassume e definisce molto meglio di qualsiasi traduzione.
Sapore e gusto non sono sinonimi, contrariamente a quanto si possa pensare
Altro discorso riguarda a mio avviso invece il termine flavour (o flavor), dove l’italiano “sapore” traduce perfettamente il concetto in inglese. Sapore e gusto vengono spesso usati erroneamente come sinonimi, ma vi sono delle differenze basilari.
Il gusto è infatti ciò che viene percepito all’interno della nostra bocca (differenziato in: dolce, amaro, acido, salato e, alcune volte, umami). Il sapore è invece molto più complesso e deriva dall’azione retrolfattiva una volta che ingeriamo qualsiasi prodotto.
Vi siete mai chiesti perché quando avete il raffreddore tutto vi sembra più insipido? Proprio per questo motivo, perché sentite solo i gusti e non i sapori. Provate a turarvi il naso mentre mangiate o bevete qualcosa e vedrete che vi sarà molto più difficile discriminare e descrivere le sensazioni più complesse.
A voler coniare un termine nuovo, si potrebbe utilizzare la parola “retrolfatto”, a scanso di equivoci e ambiguità, come viene già fatto in analisi sensoriale per altri settori enogastronomici. Si tratta però più di una pignoleria che di una reale necessità.
In conclusione, usiamo terminologie inglesi se risultano più pratiche e comode, ma perché farlo se esiste una perfetta corrispondenza anche in italiano? Forse a volte dovremmo essere un po’ più patriottici, almeno in questi casi.
Ad ogni modo quello che ricordo sempre a chi si affaccia all’assaggio le prime volte, è che questo è prima di ogni altra cosa un’esperienza, che va vissuta a mente sgombra e libera da tecnicismi, anche semantici.
Alberto Polojac, titolare di Imperator S.r.l. e direttore della Bloom Coffee School di Trieste
Autore di “Caffè verde in un libro” con Andrej Godina
Q grader e Authorized Sca Trainer