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venerdì 22 Novembre 2024
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Ventimetriquadri: l’avventura specialty napoletana di Vincenzo Fioretto e Giulia De Bono

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MILANO – La realtà dello specialty coffee sta guadagnando sempre più spazio lungo tutto lo Stivale, grazie all’apertura di caffetterie dedicate a tali prodotti di alta qualità serviti in tazzina. Diversi metodi di preparazione, diverse possibilità di scelta, ma la stessa unica passione per il chicco e la cultura di questa bevanda. La tradizione italiana non viene dimenticata, certo, ma la ricerca di una materia prima selezionata e lavorata con cura, è sempre più un requisito che non può mancare attualmente. Tutti questi, sono gli ingredienti che possono esser trovati in luoghi ancora un po’ di nicchia, come il locale napoletano Ventimetriquadri, portato avanti dal coraggio di due giovani coffeelover: Giulia de Bono e Vincenzo Fioretto.
Insieme, hanno dato vita a uno spazio ridotto nella metratura -così come suggerisce proprio il suo nome- ma di certo ricco di intenzioni valide. Il motto potrebbe esser facilmente: nella botte piccole, c’è il vino buono. Trasferito però al caffè. Della loro iniziativa “ristretta” come un espresso, ci hanno raccontato gli stessi titolari.

La prima domanda per prendere le misure: perché una caffetteria di venti metri quadrati?

Comincia Vincenzo. “Inizialmente la caffetteria avrebbe dovuto prendere il nome di “Antica tipografia“, proprio perché in origine lo spazio era un’antica tipografia del quartiere. Poi, siccome tutti i nostri amici mi hanno un po’ preso in giro sul fatto che le dimensioni fossero molto ridotte, come sfida, l’ho voluto chiamare ” Ventimetriquadrati”. Ho voluto così un po’ rivendicare la mia decisione di investire su un locale di piccoli dimensioni.

Ho voluto così perché era per me la prima volta da imprenditore, quindi questa metratura mi ha permesso di mantenere i costi più bassi e partire con il passo giusto. Il fatto che sia piccolo non è stato poi un limite: siamo infatti riusciti a creare un’atmosfera molto intima. Dove i clienti e noi possiamo entrare in contatto per davvero. Le chiacchierate e il rito del caffè sono del tutto rispettate.”

Ma quanto coraggio ha avuto per imbarcarsi in un’impresa del genere. Chi l’ha ispirata?

“L’idea è partita da un incontro di circa due anni fa a Napoli, con una ragazza australiana. A Firenze frequentava un corso di arte e durante il fine settimana passava per Napoli. Mi portava sempre il caffè di Ditta Artigianale. Un anno e mezzo fa, quando ho dovuto fare una scelta per il caffè del mio locale, avendo l’ambizione di vendere un caffè di livello che potesse esser apprezzato senza zucchero, mi sono ricordato di questo caffè fiorentino. Cercando su internet ho così scoperto questo mondo dello specialty. Sono andato quindi direttamente a Firenze, proprio da Ditta Artigianale. Al primo sorso non sono stato rapito. Però, mentre pensavo di gettare la spugna, ho ricevuto sul palato un’esplosione di sapori. Lì, la scelta era stata fatta.”

Visto il grande successo le è già venuta l’idea di allargarsi o di aprire una filiale?

“La nostra aspirazione futura è quella di aprire un altro piccolo locale però nel centro storico di Napoli. Così da esser meglio raggiungibili dai turisti che sono in visita della città. L’idea di stare al centro, può essere più comodo per gli amanti degli specialty che sono a Napoli.”

La scelta degli specialty è coraggiosa ancora su tutto il territorio nazionale, legato all’espresso. In una città come Napoli, per molti considerata come la “capitale dell’espresso tradizionale che più tradizionale non si può”, e sempre ricavato da miscele, è ancora più difficile proporre gli specialty?

“E’ più difficile comunicare gli specialty di fronte a questa tradizione imponente, caratterizzata dal caffè amaro da zuccherare. Con miscele di robusta e una tostatura molto scura. Questo però ci ha permesso di fare subito colpo sul cliente proprio proponendo qualcosa di completamente diverso. Dotato di una complessità aromatica che non ha mai trovato in città.”

Difficile? Sicuramente. Stimolante? Altrettanto.”

Il suo primo approccio col cliente partenopeo, dal palato abituato alla torrefazione molto scura e alle miscele forti con Robusta, qual è?

“Per prima cosa, serviamo un’acqua aromatizzata con lo zenzero. GIà così il cliente viene spiazzato, ma capisce di esser in una caffetteria particolare. Poi, proseguiamo con la spiegazione del prodotto degli specialty. In che modo è speciale, lavorato, macinato sul momento e quindi fresco. Devo dire che questo genera una grande curiosità tradotta poi nelle domande dello stesso cliente. Il quale di solito torna e magari consiglia ad altri suoi amici. Il passaparola continua a funzionare ancora oggi.”

Quando ha iniziato, gli specialty serviti erano quelli di Ditta Artigianale. Oggi, l’offerta è la stessa?

“Oggi abbiamo ampliato l’offerta, anche perché abbiamo riscontrato una grande richiesta da parte della clientela. SI poteva quindi provare qualcosa di diverso e abbiamo potuto andare oltre un solo blend e i monorigine. In modo naturale, più avanti, abbiamo iniziato ad aggiungere anche le monorigini di Rubens Gardelli. Poi, per restare sul territorio, i caffè di Campana Caffè. Da un mese circa, abbiamo anche i caffè di Berlino di The Burn.”

E la questione del prezzo? In che modo è riuscito a superarlo in una città dove si vende anche a 80 centesimi o meno?

“All’inizio eravamo combattuti sul prezzo. Se averlo uno al bancone che andasse sotto l’euro e 50. Ma poi ci siamo subito resi conto che non sarebbe stato sostenibile. Devo dire che anche quella è stata una scelta intelligente. Alla fine i clienti che si sono lamentati del prezzo sono stati pochi. Questo perché, una volta che viene comunicato il reale valore del prodotto, seguito dall’assaggio, è giustificato il prezzo anche per i più scettici. I clienti riescono a comprendere che la qualità ha un prezzo. Serviamo sempre il caffè raccontando cosa c’è dietro la tazzina.”

Quale  macchina usate nel vostro locale? Quale marca/modello e che macinadosatori ?

“Abbiamo una Marzocco Linea PB, e come macinadosatore il Mythos 1. Magari, un giorno, avendo più spazio a disposizione, penseremo al Mythos 2. Poi abbiamo un Falcone 143. Può essere nel prossimo locale in centro, di dimensioni più generose, potremmo installare un Mod Bar de La Marzocco. Questo è il sogno.”

E lo zucchero?

“Lo nascondiamo, ma è a disposizione del cliente. Evitiamo tutte le bevande al ginseng oppure il caffè d’orzo. Siamo un po’ talebani. Ovviamente la richiesta c’è. Pochi sono usciti dal locale senza provare lo specialty. Però, chi voleva magari il ginseng perché il caffè nei bar è terribile, è rimasto piacevolmente colpito da un prodotto totalmente diverso da quello comune.”

La parola passa a Giulia: come è nata la passione per gli Specialty Coffee?

“La passione per gli Specialty Coffee è nata per caso. Fui contattata per un colloquio di lavoro per una nuova caffetteria e rimasi molto colpita dalle sue dimensioni, ovvero 20mq. Un ambiente accogliente, intimo, con un’atmosfera molto caratteristica. Sembrava di essere a casa.
Inoltre, notai che la particolarità non era solo la struttura del locale, ma soprattutto i “caffe speciali” che il barista spiegava con tanta dedizione ai clienti. Descrivendone la raccolta manuale, tostatura delicata, macinazione istantanea, il rapporto d’estrazione tra grammi e secondi..

Pensai subito che fosse una cosa eccessivamente azzardata

Proporre una bevanda estremamente diversa dal solito espresso, in una città come Napoli, in cui il caffè rappresenta un vero e proprio culto ed è il simbolo partenopeo nel mondo, come può esserlo la pizza.
La cosa mi incuriosì a tal punto che pensai subito che fosse una sfida da accettare.
Entrare a far parte di questo ambiente è stata per me la scelta giusta. Poiché mi sento arricchita e soddisfatta professionalmente per il percorso che sto facendo. Ho tanta voglia di imparare ancora e di stupire i clienti facendoli sentire a casa propria, come successe a me la prima volta.”
Qual’è la reazione dei clienti nel vedere una ragazza così giovane dare tante informazioni sui caffè?
“Spesso sono increduli del fatto che una ragazza molto più giovane di loro, conosca qualcosa che ancora possa sorprenderli e mi diverto vedere i loro occhi meravigliarsi mentre osservano il procedimento per l’estrazione di questi caffè.”

Oggi cosa diresti ad un tuo coetaneo che si trova agli inizi del suo lavoro?

“Un messaggio importante che vorrei condividere con i miei coetanei è quello di fare le cose mettendoci amore e passione, avere degli obiettivi; non arrendersi alle prime difficoltà e provarci fino a quando il risultato non sarà quello desiderato. Io, ad esempio, tra le difficoltà che ho dovuto superare, ho dovuto convincere i miei genitori che il lavoro che facevo era la strada che desideravo percorrere e oggi sono orgogliosa del fatto che loro siano fieri di me.”
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