BELFORTE DEL CHIENTI (Macerata) – C’è un marchio particolare che si legge nel migliaio di brand delle caffetterie italiane. Stiamo parlando di Caffè Malatesta. Che non è un marchio sconosciuto perché partecipa a tantissime manifestazioni e leggete spesso i suoi programmi. Ma il tema andava approfondito ed abbiamo approfittato dell’incontro con uno degli uomini del collettivo di Caffè Malatesta, Matteo Colombo, per saperne di più.
Caffè Malatesta è un’azienda particolare perché si ispira a un personaggio storico per dare l’impronta al proprio brand. Chi è Enrico Malatesta?
“Enrico Malatesta è una figura italiana vissuta a cavallo del 1800 e i primi del 1900. Ci siamo ispirati a lui per i principi condivisi da lui e descritti nel suo libro “Al caffè, conversando di anarchia e libertà”. Dal quale abbiamo poi ripreso alcuni dei valori annunciati. Da qui abbiamo costruito le basi del nostro progetto aziendale.”
Come siete arrivati alla torrefazione?
“Il caffè è subentrato in un secondo momento. All’inizio eravamo un gruppo di ragazzi che volevano creare un progetto collettivo, quindi non gerarchico, che in seguito, si è imbattuto nella torrefazione. E questo ha cambiato un po’ l’impianto di partenza. Abbiamo conosciuto per caso il proprietario del capannone della nostra attuale sede. Con lui abbiamo per gioco iniziato a torrefare il caffè per uso personale e poi abbiamo sviluppato il progetto Caffè Malatesta in maniera strutturata.”
Siete gli alternativi del caffè.
“Volevamo dare dei connotati pratici a un discorso teorico. L’importante è infatti non solo imparare la teoria, ma poi anche metterla in pratica. Il nostro caffè deriva principalmente dalla collaborazione con tante piccole cooperative. E vogliamo avvicinarsi a un commercio il più diretto possibile. Nel tempo abbiamo creato dei legami diretti per eliminare gli intermediari tra i Paesi d’origine e noi.”
Come siete riusciti a creare una rete d’acquisto del genere?
“Sono due discorsi paralleli, quello della torrefazione e quello del commercio diretto. Noi abbiamo voluto svilupparli entrambi. Senza perciò trascurare un aspetto a favore dell’altro. Nel tempo poi, grazie anche a fortunate coincidenze, e perché no, anche per merito nostro, siamo riusciti a entrare in contatto con diverse realtà interessanti che producono caffè di qualità.”
Da quanto tempo lavorate a questo progetto, partendo dal libro?
“Ormai sono 8 anni. È stato un processo di crescita molto lento e molto graduale. Un continuo re-investire piccole somme che riuscivamo a metter da parte. L’idea è tutt’ora quella di andare avanti.”
Che tipo di offerta propone Caffè Malatesta?
“Produciamo un po’ di tutto. La nostra clientela è piuttosto ampia e quindi copriamo tutta la gamma. Quindi sia monorigini, che specialty e miscele. Il gusto di per sé è una cosa molto personale e vogliamo andare incontro a tutte le diverse richieste.”
Il Caffè Malatesta, dove si trova?
“Noi collaboriamo soprattutto con i gruppi di caffè solidale e siamo presenti anche in diversi bar. Inoltre è facile acquistare i nostri prodotti sul nostro e-commerce www.caffemalatesta.org . Fisicamente ci troviamo a Galbiate, non in città, verso il lago, di fronte a Lecco.”
Mai pensato di trovare uno sbocco più tradizionale?
“Io personalmente non escluderei niente. Al momento ci siamo concentrati sui canali di vendita più diretta, come i gruppi di vendita solidale.”
Cambiereste un po’ le esigenze dei consumatori trovandovi per esempio nella GDO?
“E’ un discorso piuttosto complicato. Si rischia, entrando in questo canale, di snaturare un po’ il messaggio originario del nostro progetto. Valutiamo ovviamente con attenzione ogni tipo di scelta, in questo senso. Per ora non abbiamo avuto proposte in questo senso. Se arrivassero, le analizzeremmo come abbiamo fatto con altre opzioni.”
