MILANO – Riportiamo l’intervento di Antonio Quarta, presidente e amministratore delegato di Quarta Caffè di Lecce. Quarta è stato il Presidente, e per due mandati, dell’Associazione italiana dei torrefattori fino al 2014. Attualmente è membro del direttivo del Comitato italiano del caffè (Cic). L’Azienda leccese per la quale ha contribuito a determinare il successo, può vantare generazioni di ricerca e produzione di caffè di qualità. Nonché l’invenzione della ricetta originaria del caffè in ghiaccio alla salentina.
Riportiamo l’intervento di Antonio Quarta apparso nelle pagine del Corriere del Mezzogiorno, il quotidiano del Sud edito dal Corriere della Sera, lo scorso 22 novembre. Nell’intervento Quarta si è espresso sulla situazione attuale del made in Italy, con focus sull’espresso italiano tradizionale.
In Puglia, oltre al buon vino e al buon olio, in genere si trova pure un caffè
“Grazie anche al contributo del turismo, in crescita e negli ultimi tempi apparso più slow e meno di massa”. Così comincia Antonio Quarta, delegato a parlare del comparto pugliese del caffè da Mario Cerutti. Cerutti è il Presidente dell’Ecf (Federazione europea del caffè) e del Comitato italiano caffè (Cic). Di cui Quarta è socio e membro del direttivo.
Quali punti di forza ha il caffè pugliese e italiano?
“Uno è nella sua natura “orizzontale”. Infatti, è nelle dispense di quasi tutte le famiglie italiane. Perché è un bene di largo consumo. E poi c’è la fama mondiale dell’espresso italiano, che traina le esportazioni.”
Espresso italiano tradizionale che a maggio scorso, il Comitato ha blindato in un disciplinare
“Si è fatto un gran lavoro. Lo abbiamo voluto per tutelare il made in Italy. Il know how di maestri torrefattori, miscelatori e somministratori. Il vero espresso italiano tradizionale è macinato all’istante; prodotto una macchina professionale, con un percolato a una particolare temperatura e pressione. Per un certo tempo ecc.”
Dettagli trascurati del caffè in capsule, ad esempio
“Eppure è spesso associato all’espresso. E così ruba fette di mercato al bar e alla moka. Ma più per valore che non per quantità. Infatti, lo si arriva a pagare anche 80 euro al chilo.”
Quali, invece, i punti deboli del comparto?
“Sono quelli endemici del Paese. Quindi burocrazia, accesso al credito, costo del lavoro e infrastrutture. E poi la forte concorrenza tra torrefattori nel settore horeca. Questo li spinge a riconoscere troppi benefit ai clienti, magari a scapito della qualità. Mentre la grande distribuzione, favorita dalla politica, costringe i torrefattori a investimenti enormi. E a concedere sconti eccessivi, anche qui a discapito della qualità.”
La Puglia in questo è specchio del Paese?
“Sì. Anche qui paghiamo nell’horeca i danni di liberalizzazioni interpretate come jungle senza regole. Non si fanno più i piani commerciali. I consumi nel bar crollano e, di riflesso, i nostri investimenti si fanno sempre più onerosi.”
La preoccupa il calo dei fatturati degli ultimi anni?
“Credo sia una conseguenza dell’invecchiamento della popolazione. Con cui crescono i casi (ulcera, ipertensioni, ecc.).In cui è controindicato il consumo di caffè, che pure, per i soggetti sani, resta una bevanda salutistica. La flessione va compensata con le esportazioni, in cui il Sud però fatica, salvo eccezioni. Per motivi logistici e per la distanza dai mercati più ricchi del nord Europa. Ma finché c’è la qualità, il futuro non fa paura.”