MILANO — Ne sa di ristorazione Luigi Cremona, critico enogastronomico e giornalista dalla trentennale esperienza, ma ancor prima ingegnere appassionato di viaggi e di cucina.
Collaboratore e ideatore di guide ed eventi, dall’Espresso al Touring Club, con Witaly insieme alla moglie giornalista Lorenza Vitali organizza eventi ed edita guide e siti web a tema gastronomico.
In questa intervista parla soprattutto di ristorazione, ma molte considerazioni relative al servizio valgono, se adeguatamente contestualizzate, anche per bar e caffetterie.
Cremona esordisce parlando dei valori alla base di una proposta di eccellenza e di ciò che fa la differenza tra un buon ristorante e un ristorante stellato.
Spiega infatti Cremona
“Ritengo innanzitutto che non esistano regole e codici fissi, la ristorazione è bella per la sua varietà, non c’è un decalogo o una ricetta per diventare chef a tre stelle, se no lo sarebbero tutti. Tutto deve essere eccellente, ma l’eccellenza va poi interpretata e calata nel contesto. Gli stessi clienti giudicano in modo diverso”.
Da cosa non può prescindere chi sta in sala?
Dalla conoscenza dei piatti e della cucina. Un parametro importante certo, eppure non basta. In genere il cliente valuta più la capacità di accogliere, che può essere declinata in diversi modi.
Ad esempio?
L’ingresso è un momento estremamente importante nel percorso della cena, in cui ci si conosce e si instaura un rapporto. È necessaria una presenza puntuale che va dall’indicare dove è la toilette all’abbassare le luci al rispondere a eventuali domande su dove andare dopo cena o alle indicazioni per ambientarsi in una città che non si conosce. Più che di servizio parlerei di gestione del cliente.
Poi c’è il servizio vero e proprio…
Sono quegli aspetti più legati alla professione del cameriere, e sono legati al savoir faire, bisogna sapere spiegare i piatti, porgerli bene e seguire la cena.
Un lavoro impegnativo, ma dove si impara?
Purtroppo gli istituti alberghieri, anche se sono molto migliorati, non sono sufficienti anche perché la maggior parte degli studenti si rivolge ai corsi di cucina. Con la conseguenza che la qualità della sala si abbassa, spesso è vissuta come ultima spiaggia, raramente è una professione che si intraprende per scelta. In Italia paradossalmente è più facile trovare un bravo cuoco che un bravo cameriere.
Come se ne esce?
Andrebbe costruito un percorso formativo. Anche noi come Witaly ci stiamo muovendo in tal senso, e dopo 15 anni in cui premiamo i migliori chef emergenti under 30, da tre anni ci occupiamo anche dei migliori under 30 in sala. Le due scuole per l’alta formazione di sala, Alma e Intrecci, licenziano venti ragazzi a volta: una goccia nel mare rispetto alle esigenze del settore.
All’estero com’è la situazione?
Prima di tutto si viene pagati meglio, anche grazie al sistema delle mance, ad esempio negli Stati Uniti. In generale c’è una attitudine più positiva verso la professione, una maggiore gratificazione verso un lavoro che i giovani vedono non come una sconfitta, ma come una fonte di guadagno.
La tecnologia al ristorante è importante?
Anche qui non ci sono regole assolute, è uno stile, anche se è generalmente è poco utilizzata dai ristoranti di stellati, ma ci sono soluzioni interessanti: le app per comparare i vini ad esempio, o addirittura acquistarli. Una volta in un ristorante all’estero mi è capitato di vedere una postazione allestita con l’illuminazione adatta appositamente per fotografare i piatti. Come dire, se mi devi postare sui social almeno posta una bella foto. Sono piccole cose, ma saranno sempre più presenti in futuro.