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lunedì 25 Novembre 2024
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SCRIVE ANDREJ GODINA, IL DOTTORE DEL CAFFÈ, DALLA NORD BARISTA CUP – A Oslo hanno vinto solamente i baristi. Il caffè nordico è al capolinea, solo l’espresso può salvare i consumatori. E venerdì nella giornata della preparazione è stata bocciata l’acqua del World Barista Championship con 150 TDS ppm: preferita quella più leggera da 50 TDS ppm

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OSLO – Si è concluso ieri sera l’evento baristi tutto nordico che ha visto protagoniste le squadre baristi di Islanda, Finlandia, Svezia, Norvegia e Danimarca. La giornata di ieri è stata caratterizzata, come sempre, da cupping fatti con caffè preparati alla brasiliana, a filtro e in espresso.

Il numero di espresso preparati per la sessione di degustazione è stato notevole: 1000 bevande in 30 minuti, utilizzando 10 sistemi macchina-macinacaffè Dalla Corte e un totale di 20 baristi professionisti. I caffè degustati sono stati proposti dalle torrefazioni che hanno partecipato al Nordic Ropaster Cup 2013, una competizione per chi è riuscito a tostare a far preparare il caffè che i partecipanti al NBC hanno gradito di più.

Alla fine di tutte le prove hanno vinto i concorrenti del team Svedese, seguiti da quello della Norvegia e al terzo posto la Danimarca!

Tutti i risultati sono disponibili al link http://nordicbaristacup.com/2013/09/nordic-barista-cup-2013-results/

Da questa tre giorni di evento è emerso chiaramente quanto il modello nordico di preparazione del caffè è un qualcosa di intimamente locale, nell’ambito dell’NBC staccato dal mondo reale e che nelle sue presentazioni e conclusioni sembra non lasciare possibilità per creare un modello di business sostenibile.

Ne è la riprova il tentativo di offrire il caffè come se fosse un vino nel ristorante Noma di Copenhagen, l’assaggio dell’espresso con tipi di acque diverse durante il quale è stato bocciato lo standard del World Barista Championship, il menu del pranzo del secondo giorno che prevedeva una crema di pomodoro piccante a tal punto da essere immangiabile e un piatto a base di fagioli, salsiccia e maiale, l’intransigenza nel non concepire di servire assieme al caffè latte e zucchero ed infine la preparazione in espresso di caffè vincitori al Cup of Excellence che proprio per sua genesi premia i migliori caffè che spiccano per le loro qualità se tostati chiari e preparati con il metodo filtro.

Questo modello che probabilmente funziona alla perfezione nella ristretta cerchia degli appassionati di specialty sembra non ritrovare una successiva applicazione nel mercato di massa dove è necessario accontentare le singole preferenze personali e rispettarne quindi le esigenze.

Da premiare invece la straordinaria passione, tenacia, simpatia e professionalità dei 5 team baristi che si sono sfidati in una tre giorni intensa in cui dal mattino presto si sono prodigati nel preparare al meglio i caffè offerti dalla speciality coffee association of Brazil, declinati in espresso, filtro manuale e filtro utilizzando una macchina.

I team concorrenti hanno dovuto dimostrare di saper gestire diversi metodi di preparazione riuscendo ad esaltare per ogni metodo le caratteristiche dei caffè riuscendo poi a trasmettere il profilo organolettico della tazza ai 200 partecipanti all’evento.

Di particolare impegno per i team è stato il Nordic Roaster Cup 2013, nella versione Espresso, che ha fatto preparare nel corso della tre giorni più di 2000 estrazioni: la dedizione nella preparazione è stata esemplare, i baristi hanno avuto una ricetta precisa in termini di dose in grammi, tempo di estrazione, volume in tazza. Ad ogni cambio di caffè l’attrezzatura veniva pulita con i detergenti appositi per assicurare a ciascun caffè nessuna contaminazione negativa.

Dunque un plauso quindi ai baristi, i veri protagonisti dell’evento.

Come detto il Nordic Barista di quest’anno ha come focus il Brasile quale produttore di caffè e il servizio al bar quale filo conduttore degli interventi in sala: il primo di questi è stato “Milk and Sugar, Please!” By René Redzepi, del ristorante Noma in Danimarca, da qualche anno uno dei più famosi d’Europa.

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Secondo il relatore esiste un “nordic coffee approach” dove il caffè viene considerato e trattato alla stregua di un buon bicchiere di vino.

Tale approccio è stato applicato nella realtà, in un’esperimento durato alcuni mesi, al ristorante Noma di Copenhagen. René Redzepi ha esposto l’esperienza che ha convolto l’intero staff del ristorante, in 8 mesi di lavoro, durante quali sono stati preparati i migliori caffè al mondo, con estrema precisione e attenzione alla qualità. I caffè sono stati degustati, presentati e offerti ai clienti.

Tutto il personale del ristorante è stato coinvolto nella formazione e nel progetto e in particolare i camerieri che sono stati i protagonisti della preparazione dei caffè, con la tecnica del manual brewing. Il cameriere che generalmente è ben lontano dai mestieri della cucina, questa volta si è trovato ad essere responsabile della preparazione, davanti al cliente, della bevanda.

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L’operazione è stata curata nei minimi dettagli: la qualità dei chicchi, il colore di tostatura, la macinatura al momento, la dose, la qualità dell’acqua assicurata da un sistema di filtrazione ad hoc, bilance, refrattometri e temperatura dell’acqua, nonché una precisa ed esauriente spiegazione al cliente.

Il tutto sempre ai massimi livelli, con sessioni di degustazione in cui il caffè preparato a filtro è stato trattato come uno dei migliori vini al mondo.
Il risultato?

Non ci crederete.

Riporto semplicemente ciò che due critici gastronomici danesi hanno scritto dopo essere stati invitati al ristorante:
“The Coffee at Noma also has a new Nordic approach -no matter how much the waiters try to talk it up, the new Nordic coffee is like a sloppy, thin cup of tea!” – Gastro Magazine

“Il Caffè al Noma ha anche un nuovo approccio in stile Nordic – non importa quanto i camerieri cercano di spiegare, il nuovo caffè nordico è come una sciatta, leggera tazza di tè! ”

“The ended by serving a cup of new Nordic Coffee – it was undrinkable, it was worse than the coffee serve on a ferry/train” – TV2
“In conclusione il servizio di una tazza di caffè secondo il nuovo stile Nordic – era imbevibile, peggio del caffè servito su un traghetto/treno”.

A questo punto ci chiediamo. Ha davvero senso questo “Nordic approach” per un metodo di preparazione che per i suoi limiti produce una bevanda che non potrà mai essere paragonata ad un eccellente bicchiere di vino? Forse bisognerebbe parlare più di caffè espresso!

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Ma c’è dell’altro: passiamo al fitto programma di venerdì. Il fitto programma giornaliero prevede numerosi assaggi di caffè preparti alla brasiliana, a filtro e in espresso, intramezzati da interessanti interventi in aula sugli argomenti più vari. L’assaggio di venerdì, in espresso, ha visto protagonista lo stesso caffè, preparato con gli stessi parametri fatta eccezione la qualità dell’acqua.

Come tutti noi sappiamo l’ingrediente principale della tazzina di espresso è l’acqua che può avere caratteristiche chimiche molto diverse: a questo proposito sono importanti i parametri della durezza, il PH, la presenza o meno di cloro, l’assenza di colore e di odore.

Il World Barista Championship, dopo qualche anno dall’inizio delle prime gare mondiali, si rese conto che una variabile importante per la buona riuscita di un espresso è appunto la qualità dell’acqua. A tal fine è stata definita un’acqua “ideale” che viene utilizzata in tutti le gare mondiali organizzate dal World Coffee Event.

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L’assaggio alla cieca che è stato organizzato venerdì al NBC dopo l’intervento in aula di Scott Guglielmino che ha trattato l’argomento dal titolo “The water, the main ingredient in water”, durante il quale tre caffè sono stati sottoposti al critico giudizio dei 200 professionisti presenti all’evento. In sostanza i tre caffè espressi differenziavano solamente per la quantità di minerali disciolti, il cosidetto Total Dissolved Solid (TDS) che viene facilmente misurato dall’omonimo strumento: la prima con 450 ppm di TDS, la seconda con 150 ppm, che è l’acqua ideale identificata dal WBC e l’ultima con 50 ppm, un’acqua particolarmente dolce.

Il risultato finale è stato che la maggioranza degli assaggiatori hanno preferito la terza acqua che ha avuto la capacità di produrre una tazza più equilibrata con una spiccata nota dolce, una buona corposità e un retrogusto piacevole. Le altre acqua hanno dato tazze meno equilibrate, o più acide, o più amare, meno corpose, meno eleganti in retrogusto.

Un interessante risultato che dimostra nuovamente quanto la bevanda espresso sia complicata e nello stesso tempo affascinante e di quanto sia fondamentale la conoscenza di tutti i parametri di preparazione.

Quale conclusione? Probabilmente dall’estero per fare ricerca sul metodo espresso dovrebbero venire in Italia dove know-how si fonde con una lunga storia e tradizione.

Andrej Godina
Dottore di Ricerca in scienza, tecnologia ed economia nell’industria del caffè

L’intervento integrale di René Redzepi del ristorante Moma dal titolo: “Milk and Sugar, Please!” si trova sul portale del Noma – http://noma.dk/

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