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Fipe: così vanno fatturati i buoni pasto in caso di servizio sostitutivo di mensa

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ROMA — Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi) ha diffuso, in una nota, la risposta data dall’Agenzia delle entrate. Per una richiesta di consulenza giuridica (n. 954-66/2017).

Relativa alle modalità di emissione della fattura da parte dei soggetti coinvolti nel caso di servizio sostitutivo di mensa tramite buoni pasto.

La Direzione Centrale dell’Agenzia dell’Entrate

Dopo aver ricordato che la disciplina attuativa dei buoni pasto e dei servizi sostitutivi di mensa aziendale è stata oggetto di un recente decreto del MISE. (Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 7 giugno 2017, n. 122, in vigore dal 9 settembre 2017).

Ha analizzato separatamente i due diversi rapporti contrattuali che si instaurano con il servizio sostitutivo di mensa aziendale reso attraverso l’erogazione dei buoni pasto indicate nel comma 4 dell’art. 27 del D.P.R. n. 633 del 1972 (risoluzione n. 49 del 3 aprile 1996).

Quello intercorrente tra la società emettitrice di buoni pasto ed il datore di lavoro. Poi quello tra la società emettitrice e la mensa aziendale od interaziendale che accetta i buoni pasto.

Buoni pasto. Va applicata l’aliquota agevolata

Con riferimento al primo dei due, alla somministrazione di alimenti e bevande presso la mensa aziendale, si applica l’aliquota agevolata del 4%; ricorrendo ai presupposti previsti dal n. 37 della Tabella A, parte II, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972.

Tale aliquota (ai sensi dell’articolo 75, comma 3, della Legge n. 413 del 1991) deve ritenersi applicabile anche se le somministrazioni sono rese in dipendenza di contratti; oppure di appalto. Aventi ad oggetto servizi sostitutivi di mensa aziendale. Sempreché siano commesse da datori di lavoro.

L’aliquota IVA del 4%

Trova, però, applicazione solo se l’attività di somministrazione ai dipendenti sia realizzata nel locale “mensa aziendale”.

Ovvero quelle mense la cui gestione è data in appalto ad un’impresa specializzata. Quindi, effettuata direttamente dall’azienda. Indipendentemente dal luogo in cui è situata la mensa.

Tuttavia, l’appaltatore è obbligato a fornire la prestazione esclusivamente ai dipendenti del soggetto appaltante. (risoluzioni n. 35 del 28 marzo 2001 e n. 202 del 20 giugno 2002).

La base imponibile è costituita dal prezzo convenuto

La base imponibile da assoggettare ad IVA, con l’aliquota ridotta del 4%, sempre secondo l’Agenzia, è costituita dal prezzo convenuto tra le parti. Non rilevando la circostanza che tale prezzo sia pari, inferiore o superiore al valore facciale indicato nel buono pasto.

Per quanto concerne il secondo rapporto intercorrente tra la società emittente e la mensa aziendale od interaziendale, l’Agenzia fa presente che la misura dell’aliquota applicabile sarà del 10%.

Ai sensi del disposto di cui al n. 121 della tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972. (risoluzione 17 maggio 2005, n. 63; risoluzione 3 aprile 1996, n. 49).

Di regola, a titolo di corrispettivo, le società di emissione dei buoni pasto applicano una percentuale di “sconto incondizionato”

(sconto/convenzione tra società di somministrazione pasti e società di gestione dei ticket), sul valore nominale dei buoni pasto.

Quindi, la base imponibile dovrà essere determinata applicando la percentuale di sconto convenuta al valore facciale del buono pasto e scorporando, quindi, dall’importo ottenuto.

Al netto dello sconto, l’imposta in esso compresa, all’aliquota IVA del 10%; mediante l’applicazione delle percentuali di scorporo dell’IVA, indicate nel comma 4 dell’art. 27 del D.P.R. n. 633 del 1972 (risoluzione n. 49 del 3 aprile 1996).

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