MILANO – Brasile in ginocchio, mentre si alza il sipario sull’undicesimo giorno dello sciopero degli autotrasportatori, che sta letteralmente paralizzando il paese, con danni enormi in numerosi settori economici.
I camionisti protestano contro l’impennata nel costo del carburante, causato dall’aumento del prezzo del petrolio e da un rapido deprezzamento della valuta brasiliana.
Nonostante i sindacati siano riusciti a ottenere alcune concessioni dal governo, l’agitazione non è finita. Le manifestazioni si sono anzi estese anche ad altre categorie.
Mentre le rivendicazioni settoriali si intrecciano con lo scontento diffuso per l’attuale governo conservatore guidato da Michel Temer. Secondo i sondaggi Temer è il presidente più impopolare della storia del Brasile.
Tanto che nelle piazze sono comparsi cartelli e striscioni che ne auspicano addirittura la destituzione manu militari.
A complicare le cose, il clima preelettorale all’approssimarsi dell’appuntamento con le urne, in programma il prossimo ottobre.
Lo sciopero gode del sostegno sia del candidato di destra Jair Bolsonaro, sia di José Maria Rangel, leader sindacale vicino a Lula, che ha a sua volta indetto uno sciopero dei lavoratori petroliferi.
Sullo sfondo lo scandalo senza fine di Petrobras, l’azienda petrolifera di stato, da cui ha preso origine la crisi brasiliana.
Ripercussioni anche per il settore del caffè
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