MILANO – Gianni Cocco, sardo trapiantato a Milano, è ambasciatore dell’Aicaf. L’Accademia italiana maestri del caffè, presieduta da Luca Ramoni. Lo abbiamo incontrato a Coffee&the City, organizzata da Altoga, Associazione lombarda torrefattori e comercianti di droghe particolari. Una settimana completamente dedicata al caffè.
In questo ambito, Gianni Cocco, per l’Aicaf, ha tenuto una serie di interessanti relazioni. Cominciando da quella con tema “Il caffè. Origine, coltivazione e sviluppo del mondo del caffè“.
Gianni Cocco sulle origini del caffè
“Chiaramente, e lo sottolineamo sempre, sia nei corsi che con i nostri clienti, le buone fondamenta di un espresso, si trovano nelle materie prima.
Se è stata rispettata una filiera coerente nella selezione del verde, nel suo controllo dal frutto fino al chicco, siamo già a un buon punto per riuscire a trasformare come torrefattori, il prodotto.
Bisogna avere delle competenze specifiche per riuscire a cuocere qualsiasi origine controllata, che arriva da un raccolto fresco.”
Oltre la materia prima
“Solo la bravura del mastro torrefattore però, riuscirà a decretare le qualità aromatiche di quel caffè. La filiera pian piano si sviluppa.
Dal torrefattore si passa al barista. Ovvero il trasformatore del chicco in polvere in espresso o in bevande alternative. Come i vari caffè filtro.”
Il barista ha una grande responsabilità
Trasformare il prodotto in un risultato eccellente. Senza dimenticare la pulizia della macchina. Noi consigliamo sempre di effettuare utilizzando i prodotti della linea PulyCaff. Permettono di pulire qualsiasi parte della macchina espresso.
Dal gruppo erogatore, alla lancia. Insomma, qualsiasi comparto sia della macchina espresso, sia del macinadosatore.
Quindi, soltanto grazie ad una buona manutenzione, la competenza del barista e ad un prodotto di altissima qualità, fresco, riusciamo ad avere un espresso eccellente.
Senza sottovalutare però la qualità del macinadosatore, che ci dà il particolato. E neppure quella della macchina espresso. Anche questa dev’essere performante in termini di temperatura e pressione.”
Tra la divulgazione e lo specialistico
Gianni Cocco infatti, si è rivolto ad un pubblico eterogeneo, di addetti lavori e coffeelover che hanno affollato Coffee & the city.
“Sono anch’io un coffeelover. Quindi mi piace parlare di sentori che possono piacere agli italiani. Come il cioccolatato, la vaniglia, il biscottato.
Ma parlo anche di sentori meno apprezzati qui in Iltaia, come il fruttato, l’acido, l’agrumato, il frutti rossi. Noi come Accademia Aicaf rappresentiamo sicuramente l’italianità, ma vogliamo rivolgerci anche a dei consumatori che superano i confini italiani.”
Le estrazioni alternative
Di queste, ne ha parlato sempre Gianni Cocco.
“La sostanza è che l’espresso è un concentrato di sostanze aromatiche. Di parti proteiche, zuccherini e lipidiche. E’ un concentrato di emozioni: in un solo sorso, esplodono le caratteristiche di quel determinato torrefatto.
Si distingue dalle soluzioni a caffè filtro. Che ci dà sensazioni tattile e aromatiche. In quanto più fruttate, acide e diluite, che si possono gustare con più calma nel pomeriggio.”
Gianni Cocco ha anche parlato nella conferenza sul core business. “L’espresso e le sue declinazioni. Il caffè espresso, storia delle sue evoluzioni.”
Che cosa hanno ascoltato i suoi ospiti
“Sono stati coinvolti nel taglio che abbiamo dato all’argomento caffè. In termini di qualità di estrazione. Per controllare sempre il barista e come lavora.
Se effettua il purge del gruppo erogatore. Tutti i movimenti che fa, dallo scaricamento della pastiglia, alla pulizia del filtro. Il lavorare sempre con del macinato fresco. La corretta pressatura del pannello del caffè.
Tutti i vari passaggi che noi cerchiamo sempre di mettere in evidenza. In quanto sono il primo segnale per capire poi quello che troveremo in tazza.
Assolutamente fondamentale in questo senso, la manutenzione delle attrezzature. Queste sono state le basi del nostro discorso.”
Infine l’assaggio. La degustazione in giro per l’Italia
“Ci siamo divertiti. La Sardegna e la Lombardia non mancano. Ho voluto mettere in evidenza tre bevande di tre regioni distanti, anche a livello sensoriale: la Sicilia, la Sardegna e la Lombardia.
Per la prima ho realizzato un drink a base di caffè che riportasse tutti quei sentori aromatici e tattili, che si ritrovano nel torroncino siciliano.
Abbiamo sfruttato le mandorle, il latte condensato. Ho utilizzato la fava di Tonca. Una spezia che richiama la mandorla. Ho utilizzato dell’addensato e del ghiaccio. Ho creato quindi una granita, al torroncino e al caffè.
Sulla Sardegna mi sono spostato verso la pianta che ci rappresenta un po’ nel mondo, il mirto. E’ un drink analcolico.
In questo caso, a differenza della bevanda siciliana, nella quale ho impiegato degli espressi, ho usato un caffè estratto con il metodo cold drip. Un caffè molto fruttato, un Kenya della Torrefazione Milani.
L’ho poi miscelato con del ghiaccio. Il classico mojito fatto con lime, zucchero di canna. Solo che, al posto della menta, ho scelto le foglie di mirto.
Sia fresche che essicate. Il mirto fresco in realtà non è della Sardegna. L’ho acquistato al supermercato. Però quello che avevo essicato, era sardo, proveniente dalla Gallura.”
L’ultima bevanda, dedicata invece alla Lombardia
“Un letto ghiacciato di caffè che ho trasformato in gelatina. Con un caffè che ha subito un metodo alternativo di estrazione. Un caffè filtro aromatizzato con boccioli di rosa e fave di Tonca, che ho tramutato in gelatina.
Su questa, ho posizionato in piatto una spuma di linfa di mandorla, che ho decorato e rifinito a livello aromatico. Sempre con boccioli di rosa e fave di Tonca. Infine, ho sbriciolata degli amaretti, per concludere il piatto.”
Le bevande a base espresso. Stanno prendendo piede?
“Le bevande al caffè devono prendere piede in Italia. Perché, non soltanto i metodi di estrazione alternativi si stanno sempre più affermando.
Noi come accademia non dobbiamo sostituire l’espresso. Dobbiamo completarlo con i metodi di estrazione filtro. Ma consigliamo, per rendere gradevoli soprattutto agli italiani, queste bevande, di abbinarle con altri prodotti.
Come possono essere delle spume, delle linfe, delle salse. Una volta conquistato l’italiano medio, si può tornare indietro per fare assaggiare solo il caffè.”
Sul versante economico
L’esame sui due versanti delle bevande a base caffè, cioè del consumatore e della sua soddisfazione e poi il barista. Anche lui dev’esser soddisfatto. Anche dal punto di vista economico.
“Assolutamente. Il soldo però è importante solo secondariamente. In quanto arriva dopo la passione del barista. In primis, più che l’aspetto economico, chi svolge questo lavoro dev’essere spinto dal sentimento. Non solo verso il cliente, ma verso la conoscenza della materia.”
Non tutti i baristi fanno bevande a base caffè.
Ha senso convertirsi a questo tipo di prodotto? E’ un impegno necessario?
“Dev’essere fatto. In Italia, la proposta ci si ferma quasi sempre al cappuccino, al marocchino, al latte macchiato. In realtà, ci sono diverse sfaccettature. C’è una forbice molto ampia di servizio, che aggredisce tutta la fase pomeridiana. Che spesso rimane scoperta.
Quindi, è vero che si deve metter in conto un investimento in termini di formazione e di prodotti nuovi. Però, poi i ricavi sono maggiori. E non soltanto a livello economico ma anche per l’immagine.”
Concludiamo con il vero core business del caffè, quindi, con la moka, tema dell’ultimo intervento di Cocco
Come si fa a fare un buon caffè con la moka. Dalla quale esce del caffè mai buono.
“Perfettamente d’accordo. In Italia, il 99% delle moke, non è di qualità in casa. L’aspetto più importante resta la manutenzione della moka, che dev’essere pulitissima.
Perché tutte quelle sostanze che non eliminiamo dalla parte in alluminio o in acciaio, irrancidiscono. Questa patina diventa grassa e carboniosa. Di conseguenza, dà sentori di amaro, rancido e bruciato.”
Consigli per ottenere un buon espresso con la moka?
“Per farlo consigliamo già di partire con l’acqua calda. La miscela può essere un 80% Arabica o un 100% di Arabica naturale. Che dia sentori cioccolatosi e biscottati.
Un tostato leggermente più chiaro rispetto all’espresso. Un chicco non difettato, che arrivi da un raccolto nuovo. Poi, lavoriamo sui tecnicismi: l’acqua fino alla valvola.
Riempiamo il filtro raso, senza creare montagnette. Dopodiché serriamo la moka, avviamo uan fiamma moderata. Il coperchio rimane aperto e seguiamo l’estrazione.
Durante la percolazione, vediamo che le prime gocce saranno molto più corpose, colorate e grasse. In quel caso, stiamo tirando fuori delle sostanze acide molto nobili. Ma allo stesso tempo molto concentrate. Perchè abbiamo diversi solidi disciolti, che scarichiamo all’interno della nostra caldaia.
Quindi, controlliamo l’estrazione, finché non vediamo la colorazione che vira verso il giallognolo scarico. A quel punto, diminuiamo la fiamma. Così la nostra moka sarà più dolce e corposa.
L’acqua già calda ci permette di evitare quel tempo di sosta su fiamma, che ci comprometterebbe la qualità della pastiglia di macinato.
Perché l’alluminio e l’acciaio, nel tempo, conducono il calore, che brucia la nostra pastiglia di caffè.”
Quinidi anche con la moka è possibile bere un buon caffè
“Assolutamente sì. Qui a Coffee&thecity si sono sfidate le signore di Milano proprio con la moka. Noi siamo stati i giudici di questa competizione.”