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venerdì 22 Novembre 2024
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Howard Schultz: «Starbucks, la  prova di quello che vogliamo fare sarà in tazza»

Niente di meglio che le parole dello stesso Howard Schultz, per spiegare il percorso che ha portato il colosso americano dal successo mondiale, sino all'apertura in Italia, patria dell'espresso

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MILANO – Tutti i coffeelover sono in attesa di gustare il platonico caffè americano di Starbucks. L’arrivo in Italia dei bicchieroni da passeggio, coinciderà con l’apertura in autunno a Milano del primo locale della catena Starbucks. E’ proprio a Milano che nel 1983 il fondatore e presidente di Starbucks, Howard Schultz, ebbe l’idea di aprire una catena di caffetterie. Lui dice su imitazione dei bar italiani.

Howard Schultz: il successo di un’idea made in Italy

L’azienda ha avuto un successo straordinario, oggi conta oltre 27mila caffetterie nei cinque Continenti; ha più di 300mila dipendenti.

Quest’anno fatturerà 24,7 miliardidi dollari con un utile di 3,4 miliardi. Ma il caffè di Starbucks, sicuramente di qualità, ha ben poco di italiano.

Alla conquista dell’Europa

Per questo l’Italia era fino ad oggi l’unico Paese europeo in cui Starbucks non aveva messo piede. Per questo, la prossima apertura a Milano ha il sapore di una sfida particolare.

Sia per il gusto degli italiani che per una nuova strategia di Starbucks, come spiega in questa intervista a Business Insider Italia lo stesso Howard Schultz.

A 35 anni dalla fondazione Starbucks sbarca in Italia

Un passo che avviene dopo avere messo radici in quasi tutto il mondo. Siete presenti in 75 Paesi. Perché solo ora?

Howard Schultz ha la risposta. “Non eravamo pronti, per tanto tempo non lo siamo stati. Ho sempre saputo che quando fossimo venuti in Italia saremmo dovuti arrivare con grande umiltà e rispetto per la cultura italiana. Non c’era fretta.

Volevo essere sicuro che Starbucks fosse adeguatamente preparata per entrare in Italia nel modo corretto. Fra tutte le opportunità che abbiamo di fronte, l’azienda Starbucks e anche io personalmente, questo per noi è il passo più importante”.

Da quanto tempo è in cantiere l’ingresso in Italia?

“Da 10 anni. Negli ultimi 10 anni sono venuto spesso in Italia dove ho molti amici e ho sempre ascoltato le loro opinioni, i loro consigli.

Ma sapevo anche che stavo lavorando a un nuovo format di caffetterie Starbucks, le Reserve Roasteries. La prima l’abbiamo aperta tre anni fa a Seattle.

Dopo averla aperta, ho capito che l’unico possibile modo per entrare in Italia sarebbe stato con un Reserve Roastery. Questa avrebbe portato il pubblico in un posto che secondo me è magico”.

Quindi nel locale si farà anche torrefazione del caffè. Come nella Reserve Roastery di Seattle?

“Sì, come si usava una volta anche da voi in Italia. Sarà un ritorno al futuro. Con molta attenzione alla cura del locale. A Seattle abbiamo aperto tre anni fa ed è stata un grande successo. Ci ha spinto a realizzare lo stesso format a Shanghai.

Qui abbiamo inaugurato il locale lo scorso mese di dicembre. Con uno spazio grande quasi il doppio di quello di Seattle. In Cina stiamo avendo una risposta incredibile.

A Milano stavo cercando la giusta location. Volevo una sede particolare, iconica, che aggiungesse un significato all’iniziativa. Per cui, quando ho visto il palazzo delle Poste in Piazza Cordusio ho sentito il cuore accelerare. Ho capito che era quello giusto”.

Palazzo Broggi, in Piazza Cordusio a Milano è la sede del primo negozio Starbucks d’Italia

In precedenza ha ospitato la Borsa e le Poste. Wikipedia
Oltre a quello di Piazza Cordusio, aprirete altri locali? E se sì, li gestirete direttamente voi, o realizzerete contratti di franchising?

“Sì, ne apriremo altri. Al momento non so dire quanti. Saranno caffetterie di dimensioni standard, non grandi come la Roastery. Non saranno in franchising ma in partnership con il gruppo Percassi”.

All’interno della Roastery di Piazza Cordusio ci sarà Princi

Il panettiere milanese che è già presente con il suo pane, le sue pizzette e con tutti gli altri suoi  prodotti nelle due Roastery di Seattle e di Shanghai.

Finora Starbucks era caffè, adesso diventa anche cibo e aperitivi.

Il caffè sarà meno centrale?

“No, il caffè sarà sempre al centro. Ma quando ho conosciuto Rocco Princi, circa cinque anni fa, sono rimasto colpito. Ero stato nelle panetterie di tutto il mondo, ma quando ho provato i prodotti di Princi li ho trovati così buoni e così italiani, che subito ho cercato di convincere Rocco Princi a fare qualcosa con Starbucks.

All’inizio non voleva, ma quando gli ho fatto vedere la nuova Roastery di Seattle ha capito il sogno che abbiamo. Il nuovo tipo di esperienza che vogliamo proporre ai nostri clienti.

Quello che porteremo in Italia sarà diverso da quello che abbiamo finora realizzato nel resto del mondo. Il caffè sarà sempre al centro, ci sarà la panetteria di Princi. Poi ci sarà uno spazio molto grande dedicato agli aperitivi, mixology italiana.

Il tutto all’interno di un locale caratterizzato da un design…. un design… non so come dire, è incredibile. Potrei mettermi a piangere. Sarà un posto dove ogni  italiano si sentirà a casa”.

I prezzi di Starbucks andranno d’accordo con i consumatori italiani?

“Non posso parlare oggi di prezzi. Ma è sicuro che l’espresso deve essere il cuore dell’esperienza; la  prova di quello che vogliamo fare sarà nella tazza.

Non ho paura per questo, sono umile e pieno di rispetto. Il successo che abbiamo avuto in tutto il mondo non ci dà automaticamente la certezza di fare bene anche in Italia. Il successo ce lo dovremo guadagnare un cliente alla volta”.

Qual era l’obiettivo di Howard Schultz quando ha lanciato la società: diventare ricco o cambiare il mondo?

“Tutti sanno che vengo da una famiglia molto povera. Ma non ho mai sognato di diventare ricco. Il mio interesse è sempre stato per l’umanità”.

Schultz (Starbucks): “Non inseguiamo solo il profitto, abbiamo una responsabilità sociale.”

Continua l’imprenditore.
“E’ ovvio che volevo migliorare la mia condizione. Ma il mio obiettivo finale non è mai stato quello di fare soldi. Volevo creare una grande azienda che rispettasse le persone; che creasse delle comunità nei nostri negozi”.

Starbucks, per ridurre le distanze fra Paesi ricchi e Paesi poveri

“Credo che stiamo vivendo in un’epoca molto vulnerabile. Di conseguenza le aziende, gli imprenditori, possono e devono fare di più per le comunità. Per  le persone che lavorano con loro nei Paesi in cui operano.

Credo che oggi noi business leader abbiamo una responsabilità  più grande. Vediamo che i governi non possono fare tutto da soli.

In America Starbucks si fa carico delle tasse universitarie dei suoi dipendenti che vogliono studiare. Quattro anni di tasse universitarie, siamo l’unica azienda che lo fa. Nessuno ci obbliga. Perché lo facciamo? Perché è giusto farlo”.

Cosa ne pensano gli azionisti?

“In realtà con iniziative di questo tipo miglioriamo le nostre performance. Perché le persone lavorano più volentieri, restano più a  lungo con noi: fa parte della cultura di Starbucks”.

Alle prossime elezioni Howard Schultz si candiderà alla presidenza degli Stati Uniti con i democratici?
Io lavoro a Starbucks”.

L’impegno verso il sociale si concretizzerà in qualche iniziativa anche in Italia?

“Sì, per ora stiamo parlando con alcune organizzazioni. Ho incontrato il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. Mi è piaciuto molto, mi sembra un’ottima persona.

Poi sento i miei amici  italiani, quelli a cui sono più legato, come Angelo Moratti e Brunello Cucinelli. Tutte queste persone mi stanno aiutando a capire come Starbucks potrà rendersi utile per la comunità milanese. Faremo un annuncio al momento dell’apertura della Reserve Roastery”.

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