TRIESTE – Se ne va mestamente un pezzo di storia della Trieste del caffè. Stiamo parlando del Laboratorio chimico-merceologico della Camera di Commercio del capoluogo giuliano.
Un’istituzione ultracentenaria – il suo atto di nascita risale al 1906 – di grande prestigio e autorevolezza. In particolare per la merceologia caffè.
Vari i fattori, di diverso ordine, hanno influito fatalmente sulle sorti del Laboratorio, di cui la Cciaa triestina aveva tentato il rilancio a inizio decennio. Con importanti investimenti in strutture e dotazioni.
La mazzata finale è arrivata dalla nuova normativa sugli enti camerali, che impone la dismissione delle attività economiche che non garantiscano l’autosostenibilità.
A fronte dei risultati negativi degli ultimi esercizi, l’ente triestino si è trovato così costretto a tagliare quello che era diventato ormai un ramo secco della sua gestione.
Così Massimo Greco racconta la vicenda per il quotidiano di Trieste “Il Piccolo”
Nel 1906 vennero alla luce uomini della politica, delle lettere, del cinema, del teatro, dello sport. Come Enrico Mattei, Roberto Rossellini, Dino Buzzati, Samuel Beckett, Renato Cesarini (quello dell’omonima zona-gol allo scadere). Sorse un’importante organizzazione sociale come la Cgil.
E nacque anche il Laboratorio chimico-merceologico della Camera di commercio, che, dopo un’onorata milizia durata 112 anni, il prossimo venerdì 30 marzo, due giorni prima di Pasqua, chiuderà i battenti. Ha preso in carico analisi fino all’8 marzo e assicurerà ispezioni sanitarie fino a mercoledì 28 marzo. Fino all’ammainbandiera orario di apertura da lunedì a venerdì, dalle 8.30 alle 12.30.
Una sorta di eutanasia
Il malinconico annuncio è apparso sul sito camerale: una sorta di eutanasia. Perchè la struttura, situata in via Travnik nella zona industriale, non ce la faceva a camminare con le proprie gambe. E non ha ottenuto buon esito il tentativo di trovare un gestore esterno.
E il decreto legislativo 219/2016, che riforma funzioni e finanziamento delle Camere di commercio, indica alcuni obiettivi. Per esempio che vengano chiuse e dismesse quelle attività, svolte in regime di libera concorrenza. Per lo meno quelle che non garantiscano l’autosostenibilità.
Purtroppo il Laboratorio – come ricorda il presidente Antonio Paoletti – aveva superato il limite dei tre esercizi in perdita. Il fatturato era ampiamente sotto soglia. Quindi non era più possibile tenerlo in vita: inevitabile allora l’adieu a una biografia ultrasecolare.
I dipendenti ancora operativi sono stati riassorbiti nel personale dell’ente. «Abbiamo giocato ogni carta praticabile per salvarlo – commenta Paoletti in missione nella Capitale. Abbiamo anche investito quattrini e potenziato la dotazione tecnologica, per attrarre nuova clientela». E intanto anche dallo stelo della Camera sono caduti tanti petali, dal taglio dei diritti al Fondo benzina agevolata …
Struttura all’avanguardia e super partes
Paoletti rammenta l’inaugurazione del Laboratorio avvenuta nel marzo 2011 – giusto 7 anni anni addietro -, quando lo stesso presidente ebbe modo di definirlo «una struttura all’avanguardia. La più grande con caratteristiche pubbliche e “super partes” del Friuli Venezia Giulia; che con i suoi 600 metri quadrati e dotazioni moderne sarà sempre più al servizio delle imprese».
Già, quell’inaugurazione che avrebbe dovuto segnare il rilancio del Laboratorio. Erano previsti tre settori di intervento: l’analisi dei prodotti alimentari, l’esame del “no-food” e dell’ambiente. Inoltre l’attività strumentale chiamata a valutare i campioni precedentemente preparati nelle altre due sezioni.
Specialità della maison era il caffè, per ragioni storiche e per richiesta delle aziende. In via Travnik era stata allestita una sala-assaggi con dieci postazioni individuali. Utilizzata – spiegava il comunicato del tempo – per la valutazione organolettica del prodotto con un metodo elaborato dallo stesso Laboratorio. Metodo accreditato Iso 17025 e riconosciuto da quasi 200 Paesi. La competenza aveva ottenuto anche un riconoscimento da parte del ministero della Salute.
In tema di analisi ambientali era stato stipulato un accordo con l’Ezit per le attività di caratterizzazione del Sin; finalizzate alla restituzione agli usi legittimi delle aree interessate. Un’altra intesa, in ambito alimentare, aveva visto la partnership di Confartigianato. Ma tutto questo non è servito a tenere in piedi il Laboratorio; che probabilmente ha subìto la forte concorrenza di un’analoga iniziativa aperta dall’Agenzia delle Dogane in piazza Panfili.
Il sito camerale racconta ancora che il Laboratorio era inserito nell’area diretta da Claudio Vincis, mentre responsabile della struttura era Calogero Capici.
E ora?
Capannone e attrezzature sono in corso di valutazione e saranno messi all’asta. La Camera si tiene marchio e sigillo: «Chissà – chiude Paoletti – se trovassimo un privato interessato a prenderli in concessione e a mantenere viva la tradizione …
Massimo Greco