MILANO – All’interno dei numerosi appuntamenti organizzati al Convegno Gran Caffè Italia, riportiamo l’attenta analisi sociale di Marino Niola. Docente di antropologia all‘Università di Napoli Suor Orsola Benincasa. Il titolo della presentazione è La bevanda della modernità. La velocizzazione della società occudentale. Qui vi proponiamo la seconda e ultima parte della trascrizione che è stata divisa per motivi di lunghezza.
Già nel 600 il caffè si conferma come la bevanda della modernità, della velocità, del dinamismo
“Tutti valori che contraddistinguono la nuova borghesia emergente. La stessa che fonda tutto non sulla nascita ma sull’impresa. Sulla capacità di imprendere. E quindi sulla mobilità sociale.
Tant’è vero che, nei primi caffè che poi nascono in Inghilterra, addirittura si stabilisce per la prima volta che i Pari in inghilterra non hanno la precedenza, rispetto agli uomini del popolo. Semplicemente, chi arriva per prima viene servito per primo. Per quegli anni una cosa rivoluzionaria.”
La bevanda della rivoluzione
“Non è un caso che proprio nei caffè che, in tutta Europa, si accende la fucina delle rivoluzioni borghesi. Anche in Francia, diventa la stessa cosa. Il caffè Procope diventa una delle officine della Rivoluzione francese. Con Voltaire, che beveva 40 caffè al giorno, e i grandi enciclopedisti.
Così è accaduto in tutta Europa. Da questo punto di vista è indubbio che il caffè si sia guadagnato sul campo la fama della bevanda della velocità. In questo senso quindi, si oppone alla cioccolata e l’alcol. Il caffè è l’anti alcol, ma anche l’anti cioccolata che arriva in Europa quasi contemporaneamente al caffè. Anche se non arriva da Oriente ma dalle Americhe.
Gli Atzechi del Centro America
“Sono gli spagnoli che lo portano dal Centro America. nell’immaginario dell’epoca si configura così un’opposizione: da una parte la cioccolata tipica della pigrizia cattolica. I cattolici che sono pigri con poca voglia di lavorare. Uno stereotipo dei popoli mediterranei. Dall’altra parte, il dinamismo del mondo della riforma protestante; che ha sposato in pieno la causa del caffè.”
Quando il caffè diventa di moda, nella seconda metà del 600
“Spesso nelle case ci sono dei propri di rituali esotici. È una bevanda esotica e viene servito da schiavi di colore vestiti da turchi. Un modo per riaffermare la superiorità dell’Occidente sul mondo orientale. Abbiamo fatto nostro il prodotto importato.
Nel mondo anglosassone, generalmente, il caffè viene associato strettamente al lavoro e alle virtù del lavoro. Benjamin Franklin diceva: il caffè fa risparmiare tempo. Quindi, si converte automaticamente denaro. Diventa un capitale.
Non è un caso che negli Stati Uniti, in molti luoghi di lavoro, il caffè sia gratuito. Questo perché si converte immediatamente in energia.”
Il caffè fa bene o fa male?
“C’è anche un padre nobile di tutto questo. il più grande naturalista della storia dell’Occidente: Linneo.
Quando ancora si discute, tra il Sei e Settecento sull’effetto benefico o deleterio del caffè sulla salute, scende in campo il grande naturalista con un intervento a gamba tesa.
Dicendo che il caffè non solo non fa male, ma è adatto ad aumentare l’efficienza delle persone. Consacra così col sigillo della scienza, il commercio del caffè.
Esattamente come, tempo prima, altri personaggi avevano fatto lo stesso e anche un significato religioso al commercio del baccalà.”
Caffè: simbolo dello spirito di impresa e dell’economia che sta nascendo
“Soprattutto, diventa il luogo della democrazia e della mobilità sociale. Addirittura, nei caffè inglesi, non c’è più alcuna distinzione e privilegio tra gli aristocratici nei confronti della gente comune.”
Le regole delle Coffee House
“È stato addirittura messo per iscritto nelle regole delle Coffee House. È addirittura proibito ai popolari cedere il posto ad un Pari d’Inghilterra, ad un aristocratico. Perciò nasce una sorta di solidarietà liquida, fluida, il cui mondo diventa “chi arriva primo viene servito per primo.”
Continua Marino Nioli. “Quindi, diciamo che la rottamazione dell’Ancien Régime, comincia proprio tra i tavoli del caffè.
Pensate anche all’Italia. La fucina dell’illuminismo milanese, quella di Verri e Beccaria pubblica il periodico Il caffè. Goldoni scrive la Bottega del Caffè.
Insomma, tutto quello che parla del nuovo che sta avanzando ha sempre a che fare con il caffè.”
Con l’Arabica, comincia la civiltà multitasking
“Perché proprio questa bevanda, con la spinta che ci dà, ci consente di essere come polpi che riescono a fare dieci cose in contemporanea. Il caffè è la prima spinta verso questo tipo di civiltà liquida. Questo poi ovviamente dà origine ad una serie di riti.
Noi ci troviamo in una delle città che del caffè poi, ha fatto una cultura e una socialità. È la bevanda sociale di Napoli. A Napoli “vediamoci” si dice “prendiamoci un caffè”. Anche se poi magari si beve un’altra cosa. Però quel beviamoci un caffè significa esattamente incontriamoci. E nessuno deve essere escluso da questo rito, da questa socialità”
Il caffè: un rito di socialità dal quale nessuno è escluso
“Non è un caso che sia qui che sia nato il caffè sospeso. Che serve a far girare continuamente questa rete di relazioni. La tazzina non si nega a nessuno.
Il fatto di pagare due caffè e lasciarne uno a degli ignoti, significa che attorno alla bevanda si crea un vero nucleo sociale. Al punto che sta toccando altri consumi. La pizza sospesa, il giocattolo sospeso, a Milano il cinema sospeso…
Proprio perché il caffè non si nega a nessuno, nell’800 c’erano altri usi. Come il cosiddetto il caffè in ginocchio. Che cosa era? Un caffè atto con i fondi che venivano usati per la seconda volta. Veniva fuori un caffè un po’ sciatto.
Era quello che veniva messo in un cassettino all’altezza del ginocchio e veniva di nuovo tostato, riutilizzato per i più poveri. Una specie di antico caffè sospeso. Questo indica che il caffè è andato oltre la bevanda.”
Lo stile di vita italiano nel mondo
“In quanto tale, caratterizza anche lo stile di vita italiano nel mondo. In questo senso sì: è nato in Arabia; ma è solo in Italia che diventa quel modo di essere che si globalizza.
Il caffè arabo non avrebbe conquistato il mondo non sarebbe diventato globale. Esattamente come la pizza antica araba non sarebbe diventata globale come poi invece quella napoletana. In questo senso, non a caso nasce un nome come l’espresso. Per questo il caffè italiano oggi è un luogo di ritrovo e di distribuzione.
Ci sono forse catene non italiane che hanno capacità e dimensiuoni più importanti; ma il caffè italiano resta sinonimo della qualità. Chi beve una tazzina è come se bevesse di fatto, un pezzettino d’Italia. E attraverso l’espresso circola un po’ di Italia nelle vie del mondo.”