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Il convegno Ica, Sieri: “Ecco perché il caffè può proteggere dal cancro”

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MILANO – Ecco la sintesi dell’intervento sul tema Caffè e cancro: gli studi epidemiologici tenuto Sabina Sieri (a sinistra nella FOTO) ricercatrice in Epidemiologia Nutrizionale Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano al convegno promosso dall’Ica su caffè e salute.

Il caffè è una bevanda molto consumata, caratterizzata da una composizione ricca in sostanze bioattive (diterpeni, cafestolo, kahweolo, polifenoli, acido clorogenico e acido caffeico) che la rende di grande interesse nello studio della relazione tra alimenti e tumori.

L’assunzione di caffè è determinata, oltre che dalla frequenza di consumo, anche dalla grandezza della tazza che abitualmente si consuma e dal tipo di preparazione.

In alcuni Paesi la grandezza della tazza e il tipo di preparazione sono standardizzate, mentre in altri si hanno a disposizione tantissime varianti; ci sono inoltre importanti differenze nella concentrazione delle diverse componenti a seconda della varietà del caffè.

Tutto questo può comportare dei problemi nell’interpretazione dei risultati negli studi epidemiologici, in cui il consumo di caffè viene solitamente rilevato con delle domande generiche all’interno di un questionario alimentare di frequenza che spesso non prende in considerazione dettagliate informazioni sulla grandezza della tazza, sul tipo di miscela e di preparazione.

Nelle ultime quattro decadi un enorme numero di studi epidemiologici (più di 500 articoli) ha valutato l’associazione tra il consumo di caffè e l’insorgenza di neoplasie di diverse sedi, riportando dei risultati inconsistenti.

Nel 2007, il Fondo Mondiale per la Ricerca sul Cancro (World Cancer Research Fund-WCRF) ha condotto una revisione sistematica di tutta la letteratura scientifica su dieta, attività fisica, composizione corporea e tumori da cui è emersa una limitata evidenza di una possibile relazione significativa tra consumo di caffè e insorgenza di qualsiasi tipo di tumore.

Alcuni studi hanno tuttavia messo in evidenza come il consumo di caffè possa proteggere da alcuni tipi di tumore, come il tumore del colon-retto e del fegato.

Per quanto riguarda il tumore del colon-retto, numerosi studi epidemiologici hanno valutato l’associazione con il consumo di caffè mettendo in evidenza una protezione derivante soprattutto dagli studi caso-controllo.

L’inconsistenza tra i risultati degli studi di coorte e quelli caso-controllo lascia aperto il quesito sul ruolo del caffè. Recentemente, nell’ambito della sezione italiana dello studio di coorte EPIC, condotto su 45,174 volontari reclutati nei centri di Torino, Varese, Firenze, Napoli e Ragusa l’assunzione di caffè è stata associata ad una diminuzione del rischio di tumore al colon e in particolare per un consumo giornaliero superiore alle 4 tazzine.

Tale relazione non era presente per il tumore del retto. Per quanto riguarda il tumore del fegato, alcune meta-analisi mostrano un’associazione inversa tra aumentato consumo di caffè e insorgenza di tumore.

Alcuni studi hanno messo in evidenza una relazione inversa tra il consumo di caffè e il rischio di tumore dell’endometrio, ed una recente meta-analisi conferma questa associazione.

I risultati degli studi relativi al consumo di caffè e tumore della prostata sono inconsistenti sebbene diverse meta-analisi siano state condotte.

Una meta-analisi del 2010 su studi caso-controllo mostra un aumentato rischio, mentre questa relazione non si trova negli studi prospettici.

Due recenti meta-analisi su studi di coorte invece supportano l’ipotesi che il caffè possa diminuire il rischio di tumore alla prostata, dando delle conclusioni più ottimistiche.

Infine, per quanto riguarda il tumore della vescica, nonostante i numerosi studi, la relazione rimane controversa in quanto una meta-analisi degli studi di coorte mostra una relazione inversa, una sugli studi caso-controllo mostra una relazione opposta ed una comprendente entrambi mostra un aumento del rischio.

Anche in questo caso bisogna interpretare con cautela i risultati, essendo la relazione trascinata dagli studi caso controllo; ulteriori studi sono necessari per trarre delle conclusioni più definitive.

Per le altre neoplasie, gli studi sono abbastanza concordi nel mostrare assenza di relazione, anche se per alcune di esse gli studi sono ancora insufficienti.

Concludendo, i risultati dei recenti studi pubblicati sull’effetto del caffè sono sorprendentemente positivi rispetto alle convinzioni del passato, in cui bere caffè era considerata un‘abitudine poco sana; essi mostrano infatti come non vi sia un’associazione positiva tra il consumo di caffè e il rischio di sviluppare un tumore.

CURRICULUM VITAE

Sabina Sieri è un’epidemiologa con esperienza ventennale nello studio sui fattori di rischio delle malattie oncologiche, cardio e cerebro vascolari. Dopo la laurea in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Milano (1994), ha conseguito la specializzazione in Scienza dell’Alimentazione (cum laude) presso l’Università di Milano nel 1999.

Dal 1996 lavora come ricercatore presso l’Unità di Epidemiologia e Prevenzione del Dipartimento di Medicina Predittiva e per la Prevenzione dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Ha partecipato a numerosi corsi di alto livello di Epidemiologia e Biostatistica con indirizzo nutrizionale, presso Istituzioni italiane e straniere, in particolare presso l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione.

Ha collaborato alla stesura dell’expert report del World Cancer Research Fund (WCRF) del 2007 sulla relazione tra alimentazione, attività fisica, composizione corporea e rischio di tumore ( Food, Nutrition, Physical Activity, and the Prevention of Cancer: a Global Perspective – ww.dietandcancerreport.org), partecipando alla stesura dei capitoli riguardanti i tumori femminili (mammella, ovaio e cervice uterina).

Ha fatto parte del consiglio direttivo della Società Italiana di Nutrizione Umana (SINU) dal 2009 al 2015 e della Commissione Permanente di Studio Dell’Ordine Nazionale dei Biologi dal 2013 al 2015.

E’ coinvolta in numerosi progetti nazionali e internazionali riguardanti l’associazione tra dieta, stile di vita e malattie cronico-degenerative quali il progetto EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition, mezzo milione di volontari in dieci Paesi europei) che studia il ruolo dei fattori alimentari e legati allo stile di vita nell’eziologia dei tumori e di altre malattie cronico-degenerative, e il progetto italiano ORDET (Ormoni e dieta nell’eziologia del tumore della mammella, 10000 donne in provincia di Varese) che studia il ruolo degli ormoni sessuali e delle abitudini alimentari nella patogenesi del carcinoma mammario, valutando le eventuali relazioni tra ormoni, dieta e altri fattori di rischio.

Due sono i principali filoni di interesse scientifico di cui si è occupata: l’associazione tra consumo di grassi e il rischio di sviluppare il tumore della mammella e l’associazione tra consumo di carboidrati facilmente assorbiti e metabolizzati e il rischio di malattie cronico-degenerative.

Ha ideato e promosso uno studio finanziato nel 2009 dal Ministero della Salute sul ruolo delle vitamine coinvolte nel metabolismo dell’unità monocarboniosa sull’insorgenza del tumore della mammella e uno studio finanziato nel 2015 dall’Associazione Italiana sulla Ricerca sul Cancro (AIRC) sul ruolo dei metallo estrogeni nell’insorgenza dei sottotipi recettoriali di tumore della mammella. È autrice di più di 200 pubblicazioni scientifiche.

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