MILANO – Sullo sbarco di Starbucks in Italia fioccano gli interventi più svariati, tantissime le opinioni, le paure. Anche il Washington Post (l’articolo è qui a fianco) si è mosso, dopo il New York Times. Abbiamo chiesto a Cristina Caroli, portavoce di SCAE Italia, il parere della più importante associazione del settore caffetteria a livello mondiale e italiano.
di CRISTINA CAROLI
Communication Manager SCAE Italia
In merito alla notizia che sta facendo parlare tutto il mondo del caffè, e non solo, ovvero che Starbucks avrebbe deciso di aprire anche in Italia, l’articolo apparso sul Washington Post sembra avvalorare le impressioni espresse come SCAE ITALIA in merito a questo argomento.
Nell’articolo appare evidente che la grandissima catena multinazionale, ha deciso di adottare in Italia un tipo di servizio finora mai offerto, ovvero quello dell’espresso al banco.
Come avevamo ipotizzato, questa sarebbe stata la grande domanda da porsi, di fronte all’ingresso di Starbucks nel Paese.
La decisione di una multinazionale che ha dettato in tutto il mondo un proprio trend e introdotto nuove tipologie di bevande al caffè, nonché il modo di consumarle, di modificare il proprio format e introdurre la variabile dell’espresso “mordi e fuggi all’italiana” contiene una implicita affermazione della forza della identità dell’Italia come paese che ha dato i natali all’espresso e dettato il suo rituale di consumo.
Mentre molti passi sono stati fatti nel nostro Paese verso un’apertura e una internazionalizzazione della proposta, va preso atto che l’ingresso in Italia richiede, per il colosso del caffè, questo tipo di scelta e questo tipo di terreno di confronto.
SCAE ITALIA ritiene sia senz’altro uno spunto di riflessione per tutto il comparto, che sottolinea come, l’essere più aperti culturalmente,e avere aperto le porte agli Speciality Coffees, non ha tolto nulla alla nostra autorevolezza, nonostante i timori dei più intransigenti.
E’ difficile non vedere in questo adattamento la conferma che il mondo del caffè, ci identifica come i creatori dell’espresso e i più saldi difensori delle tradizioni di questo metodo di estrazione: un valore talmente importante da diventare imprescindibile in una proposta di caffetteria in Italia, affinché l’investimento non sia a rischio di imbarazzanti flop.
L’arrivo di Starbucks, se saranno mantenuti questi i termini, avrà quindi serie probabilità di sottolineare, proprio in Italia, l’aspetto iconico della amata bevanda, di cui siamo giustamente orgogliosi.
Dopo anni di third wave, in cui l’espresso è sembrato doversi quasi adeguare a ritmi di consumo diversi di altri Paesi – estrazioni particolarmente adattate per un servizio al tavolo – come il double-shot – ma fuori standard rispetto al canone della bevanda made in Italy per antonomasia, arriveremo ad una onda mediterranea che ne riaffermerà l’italianità e le proporzioni?
Altro stimolante argomento: le famose procedure e i processi severi di training, per i quali Starbucks è famosa in tutto il mondo, dovranno forse essere adeguati aprendo un nuovo capitolo di protocolli per il consumo dell’espresso al bancone?
Starbucks sottolinea di voler creare posti di lavoro: come SCAE ITALIA auspichiamo che si possa creare una occasione per baristi italiani che hanno aumentato la propria professionalità e competenza profonda sul caffè come prodotto ed estrazione, tramite processi formativi come quello del Coffee Diploma System.
Sarebbe un motivo d’orgoglio avere straordinari ambasciatori del Made in Italy, nell’ambito di una catena internazionale che, chissà, potrebbe arricchire anche con questa proposta la propria offerta a livello internazionale (sognare non è proibito…).
L’asticella delle qualità dell’espresso italiano si è alzata moltissimo, grazie alla cultura e alla rivalutazione delle figura del barista promossa fortemente da SCAE ITALIA, e su questo terreno appare evidente che siamo noi italiani a dettare lo stile e la tradizione.