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sabato 02 Novembre 2024
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4,25 $ per 220 calorie: recensione con stroncatura del nuovo cappuccino Starbucks

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Si chiama flat white, è originario dell’Australia. Praticamente: due espresso in tazza seppelliti di schiuma.

Quando mi sono trasferita a New York, ormai quasi otto anni fa, ho riempito la valigia con tutte cose sbagliate: era la fine di marzo e in Italia organizzavamo già le borse per il mare e qui vidi la mia prima neve.

Una cosa, però, non la sbagliai: fra maglioncini troppo leggeri e scarpe non adatte alla neve, avevo avuto la prontezza di infilare una piccola macchinetta per il caffè espresso e una confezione della mia marca preferita.

Da allora la mia “collezione” di caffettiere è aumentata e ne ho di varie “taglie”, adatte a tutte le occasioni. Da brava napoletana, poi, conservo le mie regole per il caffè perfetto, come mettere lo zucchero in tazza prima di versare l’agognata bevanda: aggiungerlo dopo, proprio no.

Di tanto in tanto, essendo io anche temeraria e amante delle novità, ho provato a prendere un espresso in qualche bar: esperienza archiviata a vantaggio del cappuccino (soprattutto dopo i pasti) e del caffè americano in inverno o dell’iced coffee in estate.

È da giorni, pertanto, che mi tormento nel tentativo di trovare un modo per fermare i miei concittadini newyorchesi dal farsi travolgere da una nuova, ridicola, costosa e poco salutare moda lanciata da Starbucks: il flat white.

Si tratta di una bevanda composta da due dosi di espresso e una spessa schiuma di latte caldo.

Un cappuccino, insomma ma senza latte. Allora un “latte”, dice qualcuno, riferendosi alla bevanda americana composta da una base di espresso e una montagna di schiuma.

Solo che il “bianco piatto” è concentrato in una tazza più piccola ed è una ricetta importata dall’Australia. O dalla Nuova Zelanda, e che, sia gli australiani che i neozelandesi d’America, poco apprezzano.

Insomma, molta confusione al di sotto della morbida ed invitante schiuma. A confondere poco, almeno me, sono il costo (da 3,75 a 4,25 dollari a seconda delle aree) e quelle 220 calorie (contro le 80 di un cappuccino italiano senza zucchero) che sono quasi pari ad un mio intero pasto.

Duecentoventi calorie per un sorso di caffè con la schiuma di latte: una cosa che se confessi alla Weight Watchers di averne bevuto uno, ti cacciano via da tutti i loro centri in tutto il mondo.

Una delle cose buone dell’espresso (fra le altre mille) è anche il fatto che, come bevanda, contiene pochissime calorie e quindi nessuno si preoccupa della propria linea mentre ne degusta una tazza dopo l’altra.

Ma con 220 calorie siamo proprio in un’altra dimensione: quella delle cose stupide fatte per pura moda.

In più, sebbene sia apprezzabile, lo spirito “internazionale” di Starbucks, che dopo aver reso il cappuccino una bevanda super famosa negli USA, ci riprova con il “flat white” e l’Australia, sarebbe auspicabile che i prodotti “importati” fossero molto, ma molto simili agli originali e non irriconoscibili al punto lasciare più dubbi che certezze.

E, di certo, se consumati in abbondanza, anche degli sgraditissimi chili di troppo.

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