lunedì 23 Dicembre 2024
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Milano: 2000 bar su 7000 si teme non riaprano: la soluzione sarà il suolo pubblico a costo zero?

Il capoluogo lombardo trasformato in un unico locale all'aperto come accade a Vilnius? Bar, locali e ristoranti e l’idea di allargarsi a costo zero sul suolo pubblico. Gli esercizi commerciali a corto di liquidità e incassi prendono in parola il sindaco Beppe Sala che ha promesso di sospendere ogni tassa di occupazione del suolo pubblico

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MILANO – Le condizioni per poter riaprire sono per molti gestori, impossibili da rispettare: troppe le spese e pochi gli incassi. Per cui, sono in tanti che hanno deciso di non provare neppure a rialzare le serrande. Due metri di distanza sono infatti improponibili per molti locali. Allora l’idea, come quella di Vilnius, di mettere a disposizione a costo zero il suolo pubblico. Questa è una delle promesse mantenute su cui si regge la strategia del prossimo futuro per i locali milanesi. Sospesa quindi ogni tassa di occupazione. Ma forse, neppure questa misura può bastare. Da milanotoday,it, alcuni dati aggiornati.

Milano: la giunta comunale ha approvato un un percorso semplificato per le richieste dei commercianti e si impegna a rilasciare le autorizzazioni entro 15 giorni

Una delibera approvata prevede l’ampliamento delle concessioni di occupazione di suolo pubblico per l’esercizio di somministrazione di cibi e bevande e la semplificazione delle procedure per ottenerle entro 15 giorni. Nonché la temporanea sospensione del pagamento della tassa di occupazione Cosap.

“Un provvedimento che risponde alla strategia Milano 2020 per facilitare la possibilità di posare tavolini per bar e ristoranti all’aperto in città – dichiara l’assessore all’Urbanistica Pierfrancesco Maran -. Da un lato sosteniamo le attività in difficoltà, dall’altro miglioriamo la qualità dello spazio pubblico nei quartieri offrendo servizi ai cittadini”.

“Linee guida che dimostrano come l’Amministrazione sia vicina alle problematiche e alle difficoltà che sta vivendo uno dei settori strategici per l’economia della città e del Paese – spiega l’assessore alle Attività produttive e commercio, Cristina Tajani -. I tempi ridotti delle autorizzazioni vogliono essere un incentivo e un sostegno alla ripresa immediata delle attività ormai ferme da due mesi per un avvio nella piena sicurezza per operatori e i clienti”.

Come cambiano bar e ristoranti a Milano

Gli esercenti potranno allestire tavolini, ombrelloni, pedane e strutture all’esterno, anche seguendo il modello dei ‘parklet’ nato a San Francisco – senza pagare tasse, con lo scopo di recuperare i coperti ‘persi all’interno’ per via della misura che prevede ingressi contingentati e distanziamenti contro il contagio da Coronavirus.

Si legge in una nota del Comune

“Per quanto riguarda la richiesta di occupazione suolo che sarà concessa su aree a verde, marciapiedi e aree in cui comunque dovrà essere garantita la circolazione dei veicoli, dei mezzi soccorso e dei pedoni, sarà adottata una procedura semplificata che prevede un tempo massimo di autorizzazione di 15 giorni.

Una volta installate le strutture temporanee, saranno attivati monitoraggi e controlli da parte degli uffici competenti e saranno convocate specifiche Conferenze di Servizi che vedano la partecipazione dei Municipi. Restano ferme e inderogabili tutte le disposizioni vigenti in ambito di sicurezza e l’incolumità pubblica, sia afferenti la sicurezza stradale sia l’ordine pubblico”.

Ora però il settore versa in una situazione economica che gli operatori definiscono drammatica

A quando la ripresa? Da lunedì 4 maggio, in nome della Fase 2, gli esercizi possono servire, oltre ai prodotti per le consegne a domicilio, anche quelli per il take away – da dare quindi direttamente ai clienti. Si sono attrezzati. Via tutte le sedie dalle salette interne, allora. E poi guidalinee all’ingresso come in aeroporto, percorsi differenziati per l’entrata e l’uscita, segnaletica sul pavimento.

Su 7 mila esercizi pubblici della città, si teme che duemila non riusciranno ad aprire più. Non solo

I locali rischiano, una volta riaperti, di rimanere senza clienti. Dal primo giugno si stima una perdita di fatturato del 70 per cento. Otto locali su dieci sarebbero pronti a garantire le misure di sicurezza richieste ma sono convinti che i conti non torneranno: «Per il 92 per cento delle imprese c’è sproporzione assoluta tra il danno economico subito con il lockdown e le risorse finora stanziate».

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